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Msg: 50 del 05/08/2019 20:12
1 di 2
Manco da questo forum da 22 anni. Non ho mai smesso di tifare i colori che mi hanno emozionato fin da bambino. Il calcio cambia, la fede è intoccabile. Sono ancora qui...
Voglio ricordare quel maledetto pomeriggio di ottobre in cui morì Renato Curi. Quello che vedemmo dal mio settore era Renato accasciarsi improvvisamente al suolo, nei pressi del centrocampo, con la palla e l'azione un pò distante. Siccome a pochi metri c'era Furino credemmo fosse sua la colpa, magari un pestone "alla Furino" appunto, ci furono quindi fischi in un primo momento. Pochi attimi dopo la concitazione, i calciatori con le mani nei capelli, il corpo di Renato immobile sulla barella.... Capimmo che qualcosa di grave era accaduto. Avevo 13 anni e solo diversi minuti dopo si seppe che Curi era morto d'infarto. Una tragedia immane in un giorno in cui piovve da mattina a sera, quelle giornate grigie d'autunno che noi perugini conosciamo bene. Ci fu pioggia anche al funerale, celebrato sotto la Nord con tanti ombrelli aperti e la piccola figlia di Renato in braccio alla madre.... Non lo dimenticherò mai.
Ritengo sia stata la prima volta che ho capito cosa significa la morte di una persona.
Lode a te Renato, SEMPRE!
Voglio ricordare quel maledetto pomeriggio di ottobre in cui morì Renato Curi. Quello che vedemmo dal mio settore era Renato accasciarsi improvvisamente al suolo, nei pressi del centrocampo, con la palla e l'azione un pò distante. Siccome a pochi metri c'era Furino credemmo fosse sua la colpa, magari un pestone "alla Furino" appunto, ci furono quindi fischi in un primo momento. Pochi attimi dopo la concitazione, i calciatori con le mani nei capelli, il corpo di Renato immobile sulla barella.... Capimmo che qualcosa di grave era accaduto. Avevo 13 anni e solo diversi minuti dopo si seppe che Curi era morto d'infarto. Una tragedia immane in un giorno in cui piovve da mattina a sera, quelle giornate grigie d'autunno che noi perugini conosciamo bene. Ci fu pioggia anche al funerale, celebrato sotto la Nord con tanti ombrelli aperti e la piccola figlia di Renato in braccio alla madre.... Non lo dimenticherò mai.
Ritengo sia stata la prima volta che ho capito cosa significa la morte di una persona.
Lode a te Renato, SEMPRE!
Msg: 49 del 01/06/2013 21:52
8 di 8
QUOTO WALTER NENCI !
LO ZIO DI MIA MOGLIE , RAMACCIOTTI SILVANO , ANCHE LUI LIVORNESE DOC E'
STATO COMPAGNO DI SQUADRA NEL PERUGIA DEL SIG.NENCI IN QUEGLI ANNI.
( IN QUALCHE POST. DI QUESTO SITO L'HO GIA' ANCHE CITATO)
POCHE PRESENZE COME TITOLARE E UN SOLO ANNO DI PERMANENZA IN TERRA
UMBRA , MA MI DICE CHE QUANDO SI INDOSSA ANCHE SOLO UNA VOLTA LA MAGLIA
DEL GRIFO UN PO' DI QUELLA MAGIA TI RESTA SEMPRE ADDOSSO...
CI CREDO , ANCH'IO PROVO DELLE SENSAZIONI FORTI OGNI VOLTA CHE VEDO IL
CURI....
LO ZIO DI MIA MOGLIE , RAMACCIOTTI SILVANO , ANCHE LUI LIVORNESE DOC E'
STATO COMPAGNO DI SQUADRA NEL PERUGIA DEL SIG.NENCI IN QUEGLI ANNI.
( IN QUALCHE POST. DI QUESTO SITO L'HO GIA' ANCHE CITATO)
POCHE PRESENZE COME TITOLARE E UN SOLO ANNO DI PERMANENZA IN TERRA
UMBRA , MA MI DICE CHE QUANDO SI INDOSSA ANCHE SOLO UNA VOLTA LA MAGLIA
DEL GRIFO UN PO' DI QUELLA MAGIA TI RESTA SEMPRE ADDOSSO...
CI CREDO , ANCH'IO PROVO DELLE SENSAZIONI FORTI OGNI VOLTA CHE VEDO IL
CURI....
Msg: 48 del 08/05/2013 17:58
1 di 1
Buonasera... mi chiamo Walter Nenci, scrivo da Livorno, la mia città di adozione e sono
figlio del 4° giocatore del Perugia per presenze ufficiali, Oriano Nenci, di Livorno. Nella
memoria storica del Perugia calcio a cura, se non sbaglio, del Sig. Rivolta, mio padre
viene definito uno sconosciuto mediano degli anni '60, pur menzionando le 191 presenze.
Sapendo quanto mio padre ha dato al grifo per molti anni da capitano, anche una
promozione in B (guarda caso la stessa B che stiamo cercando di riconquistare) e
ricevuto, a Perugia ha trovato la donna della sua vita, Giuliana ed a Perugia sono nato io
stesso, ho trovato quella definizione di cattivo gusto e priva di sensibilità. I problemi di
questa epoca, mi portano a premettere che i problemi sono altri, me lo direbbe anche mio
padre se sapesse della mia iniziativa, ma quella definizione è anche vuota, perchè per le
leggi della natura tutti diventeremo sconosciuti, a mano a mano che passa il tempo: se
parlo con un giovanissimo di alcuni giocatori che mi hanno regalato emozioni, non
riconoscerebbe neppure un nome, ma per me Frosio rimane un gran bel libero degli anni
70, Novellino un driblomane stupefacente, Casarsa rigorista da fermo, Nakata un regista
inaspettato, gia di Cosmi non si ricorda che 10 anni fa ha salvato 5 volte il perugia con
una squadra con tutte le etnie del mondo. Mio Padre Oriano Nenci è stato un gran
mediano (fermava il 10 della squadra avversaria) o un 8 che giocava a tutto campo, ma
anche un professionista serio che ha voluto bene alla maglia e alla città di Perugia, ed
appena può viene là per per salutare la città e i parenti. E' solo una piccola amerezza da
figlio, ok ?! Se qualcuno ha voglia di rimediare......Grazie
figlio del 4° giocatore del Perugia per presenze ufficiali, Oriano Nenci, di Livorno. Nella
memoria storica del Perugia calcio a cura, se non sbaglio, del Sig. Rivolta, mio padre
viene definito uno sconosciuto mediano degli anni '60, pur menzionando le 191 presenze.
Sapendo quanto mio padre ha dato al grifo per molti anni da capitano, anche una
promozione in B (guarda caso la stessa B che stiamo cercando di riconquistare) e
ricevuto, a Perugia ha trovato la donna della sua vita, Giuliana ed a Perugia sono nato io
stesso, ho trovato quella definizione di cattivo gusto e priva di sensibilità. I problemi di
questa epoca, mi portano a premettere che i problemi sono altri, me lo direbbe anche mio
padre se sapesse della mia iniziativa, ma quella definizione è anche vuota, perchè per le
leggi della natura tutti diventeremo sconosciuti, a mano a mano che passa il tempo: se
parlo con un giovanissimo di alcuni giocatori che mi hanno regalato emozioni, non
riconoscerebbe neppure un nome, ma per me Frosio rimane un gran bel libero degli anni
70, Novellino un driblomane stupefacente, Casarsa rigorista da fermo, Nakata un regista
inaspettato, gia di Cosmi non si ricorda che 10 anni fa ha salvato 5 volte il perugia con
una squadra con tutte le etnie del mondo. Mio Padre Oriano Nenci è stato un gran
mediano (fermava il 10 della squadra avversaria) o un 8 che giocava a tutto campo, ma
anche un professionista serio che ha voluto bene alla maglia e alla città di Perugia, ed
appena può viene là per per salutare la città e i parenti. E' solo una piccola amerezza da
figlio, ok ?! Se qualcuno ha voglia di rimediare......Grazie
Msg: 47 del 24/09/2009 11:59
32 di 33
Quoting post n. 318266 di pakàl
nakata
GAATTI UOMO DI MERDA!!!RACCOMANDATO BASTARDO!!1NON SI
SFIDA LA GLORIOSA CURVA NORD!!!
Messaggio n. 318254
IL TUO PARERE
20.0%
80.0%
Voti ricevuti: 5
--------------------------------
quando a uno gli scappano messaggi doppi per favore votatene
uno solo che sennò non si sa quale eliminare ...
x nakata
gatti veramente ha avuto uno scatto di nervi contro un "tifoso" sul
greppo ma mi pare che si sia scusato direttamente con l'interessato:
che io sappia una cosa simile a perugia non si era mai verificata
e comunque è una rarità anche in altri ambiti che uno riconosca
un proprio errore ...
magari scarso sì, ma sull'uomo di merda non sono d'accordo
Ed invece si è verificata, come ho già ricordato un'altra volta. In due casi,
negli anni Cinquanta, al Santagiuliana, protagonista, LA PRIMA VOLTA,
Raimondo LOMBARDI, capitano del Perugia per moltissimo tempo,
autentica bandiera del Grifo, detto la BOBA o anche la RACHELA,
cattivissimo in campo. E anche nella natia Porta Pesa non erano molti quelli
che non avevano preso da lui, da freghi, qualche salutare cazzottone. Un
anno andò a giocare con il MARSCIANO con altri grifoni, tra i quali
VALDIROSA e, sicuramente, FORMICA (detto il PATATA, delle Casoperaie,
sotto Porsantangelo): il Marsciano venne, vide e vinse.
Non era un'amichevole. Era di campionato. Non precisamente di serie A.
Voi dite che GATTI, rivolto al Greppo, abbia alzato il dito medio in un gesto
inequivocabile... inaudito.... mai visto? MAI VISTO?!?!?! Ma chi non ricorda
la BOBA quel giorno della sconfitta (mi pare proprio quello di quel tragico
UNO A TRE) che corre verso la gradinata, incazzato per qualche insulto
tipo VENDUTO!!! VENDUTO!!!! e TIRA GIU' (sissignori, tira giù, giù, giù) i
pantaloncini, afferra con tipico gesto inglese il COSO e I COSI e urla che
quando l'archiappa (ma chi?, chi? CHI???) gli schiaffa il tutto nel suo coso,
peraltro, secondo lui, già rotto??????.
Ecco, giovani imberbi, quello che accadde quel giorno con il mitico
LOMBARDI che poi tornò al Grifo, più amato di prima.
Rivolta c'era e c'era ancheL'ALTRA VOLTA, quando s'incazzò POLI, un
altro mito, un portiere che l'anno precedente aveva parato anche i nostri
sospiri, un portiere spettacolare che con balzi felini da bandierina a
bandierina afferrava il pallone quando transitava in volo tra i pali, un
portiere che usava lo specchio della porta a controllare quanto fosse vera
la sua somiglianza con BURT LANCASTER, un portiere che, nel derby,
disinteressandosi del pallone vanamente inseguito dall'attaccante concarolo
(Cavalli) preferì giustamente abbattere lui in corsa aggressiva verso il suo
ginocchione proteso in avanti a difendere sè e l'ntera città nostra.
POLI, che quel giorno diventò UNO DI NOI.... POLI... l'anno successivo
aveva evidentemente deciso che aveva dato sin troppo al Perugia e
cominciò altre frequentazioni, prevalentemente notturne: si diceva di sue
trombate sul biliardo tra una PARIGINA e l'altra, ma forse il tam tam del tifo
equivocava tra un tipo di gioco e zoccole francesi; si sussurrava di
distruzione da parte sua di non meglio identificati locali notturni (capirai che
mistero: c'era solo IL NICOLELLI, quello della curva: non la Curva, la
curva, quella appunto de Nicolelli 'n fondo a via Pellas), Insomma, Poli
aveva un po' rotto i coglioni, anche perché, diciamolo, non parava più 'n
cazzo. Qualcuno dagli spalti glie lo fece notare, con quella raffinata
gentilezza, tipica del tifoso perugino che vuole esprimere il proprio
disappunto per una prestazione da lui ritenuta non all'altezza.....
Che ha fatto GATTI??? Ha alzato il dito verso il Greppo? Gesto inaudito e
MAI visto??? Ma POLI, IL NOSTRO GRANDE BURT LANCASTER, lo vedo
ancora mentre si lancia di corsa verso la gradinata del Santagiuliana, si
arrampica sulla rete con il mitico ginocchione he già l'ha varcata, quando i
compagni di squadra, i carabinieri in servizio, la polizia, la guardia di
finanza, i soldati del vicino Ospedale Militare e un gruppo di pacifisti di
Lisciano Niccone riescono a fermarlo, bello, vindice e biondo...........
Capirai che cià a che fare, Pakal, Gatti di Passignano.
AL QUALE VOGLIO BENE ED AUGURO DI SUPERARE DI CUORE E
SERIAMENTE IL PROPRIO PROBLEMA.
nakata
GAATTI UOMO DI MERDA!!!RACCOMANDATO BASTARDO!!1NON SI
SFIDA LA GLORIOSA CURVA NORD!!!
Messaggio n. 318254
IL TUO PARERE
20.0%
80.0%
Voti ricevuti: 5
--------------------------------
quando a uno gli scappano messaggi doppi per favore votatene
uno solo che sennò non si sa quale eliminare ...
x nakata
gatti veramente ha avuto uno scatto di nervi contro un "tifoso" sul
greppo ma mi pare che si sia scusato direttamente con l'interessato:
che io sappia una cosa simile a perugia non si era mai verificata
e comunque è una rarità anche in altri ambiti che uno riconosca
un proprio errore ...
magari scarso sì, ma sull'uomo di merda non sono d'accordo
Ed invece si è verificata, come ho già ricordato un'altra volta. In due casi,
negli anni Cinquanta, al Santagiuliana, protagonista, LA PRIMA VOLTA,
Raimondo LOMBARDI, capitano del Perugia per moltissimo tempo,
autentica bandiera del Grifo, detto la BOBA o anche la RACHELA,
cattivissimo in campo. E anche nella natia Porta Pesa non erano molti quelli
che non avevano preso da lui, da freghi, qualche salutare cazzottone. Un
anno andò a giocare con il MARSCIANO con altri grifoni, tra i quali
VALDIROSA e, sicuramente, FORMICA (detto il PATATA, delle Casoperaie,
sotto Porsantangelo): il Marsciano venne, vide e vinse.
Non era un'amichevole. Era di campionato. Non precisamente di serie A.
Voi dite che GATTI, rivolto al Greppo, abbia alzato il dito medio in un gesto
inequivocabile... inaudito.... mai visto? MAI VISTO?!?!?! Ma chi non ricorda
la BOBA quel giorno della sconfitta (mi pare proprio quello di quel tragico
UNO A TRE) che corre verso la gradinata, incazzato per qualche insulto
tipo VENDUTO!!! VENDUTO!!!! e TIRA GIU' (sissignori, tira giù, giù, giù) i
pantaloncini, afferra con tipico gesto inglese il COSO e I COSI e urla che
quando l'archiappa (ma chi?, chi? CHI???) gli schiaffa il tutto nel suo coso,
peraltro, secondo lui, già rotto??????.
Ecco, giovani imberbi, quello che accadde quel giorno con il mitico
LOMBARDI che poi tornò al Grifo, più amato di prima.
Rivolta c'era e c'era ancheL'ALTRA VOLTA, quando s'incazzò POLI, un
altro mito, un portiere che l'anno precedente aveva parato anche i nostri
sospiri, un portiere spettacolare che con balzi felini da bandierina a
bandierina afferrava il pallone quando transitava in volo tra i pali, un
portiere che usava lo specchio della porta a controllare quanto fosse vera
la sua somiglianza con BURT LANCASTER, un portiere che, nel derby,
disinteressandosi del pallone vanamente inseguito dall'attaccante concarolo
(Cavalli) preferì giustamente abbattere lui in corsa aggressiva verso il suo
ginocchione proteso in avanti a difendere sè e l'ntera città nostra.
POLI, che quel giorno diventò UNO DI NOI.... POLI... l'anno successivo
aveva evidentemente deciso che aveva dato sin troppo al Perugia e
cominciò altre frequentazioni, prevalentemente notturne: si diceva di sue
trombate sul biliardo tra una PARIGINA e l'altra, ma forse il tam tam del tifo
equivocava tra un tipo di gioco e zoccole francesi; si sussurrava di
distruzione da parte sua di non meglio identificati locali notturni (capirai che
mistero: c'era solo IL NICOLELLI, quello della curva: non la Curva, la
curva, quella appunto de Nicolelli 'n fondo a via Pellas), Insomma, Poli
aveva un po' rotto i coglioni, anche perché, diciamolo, non parava più 'n
cazzo. Qualcuno dagli spalti glie lo fece notare, con quella raffinata
gentilezza, tipica del tifoso perugino che vuole esprimere il proprio
disappunto per una prestazione da lui ritenuta non all'altezza.....
Che ha fatto GATTI??? Ha alzato il dito verso il Greppo? Gesto inaudito e
MAI visto??? Ma POLI, IL NOSTRO GRANDE BURT LANCASTER, lo vedo
ancora mentre si lancia di corsa verso la gradinata del Santagiuliana, si
arrampica sulla rete con il mitico ginocchione he già l'ha varcata, quando i
compagni di squadra, i carabinieri in servizio, la polizia, la guardia di
finanza, i soldati del vicino Ospedale Militare e un gruppo di pacifisti di
Lisciano Niccone riescono a fermarlo, bello, vindice e biondo...........
Capirai che cià a che fare, Pakal, Gatti di Passignano.
AL QUALE VOGLIO BENE ED AUGURO DI SUPERARE DI CUORE E
SERIAMENTE IL PROPRIO PROBLEMA.
Msg: 46 del 17/08/2009 15:25
20 di 257
Un saluto al nuovo entrato, nel muro, Perugia75. So chi è. So quanto ama il calcio in generale ed il Perugia in particolare. E’ stato con me, qualche anno fa, per il suo servizio civile. Giocava (non benissimo) in uno dei tanti campionati minori. Centrocampista, diceva lui, medianaccio, dicevo io. Due epoche diverse, anche nel linguaggio calcistico. La mia aveva le ali, le mezze ali, il centravanti o centrattacco, i mediani, il centromediano, i terzini. Poi venne il tornante. Poi (e già qui cominciò il difficile) il libero e lo stopper. Tra un po’ non sapranno più che cosa erano. Come potranno sganasciarsi dal ridere quando diranno loro di quel tal Pilato che cedendo alla folla rumoreggiante disse “Va bene. Barabba Libero e Cristo Stopper. Cazzi vostri se perdemo”. Anche Stefano Vinti conosco. E – per favore – non diciamo sciocchezze. La polemica va bene. Mischiare le carte in tavola no. Fin da ragazzo,Vinti ha giocato (benino) a calcio, ha allenato, ha organizzato tornei, ha tifato per il Perugia e per la Juventus. E fin da ragazzo – anche per tradizione familiare – ha fatto (come suol dirsi) politica attiva, schierandosi ove a lui, figlio di partigiano ed operaio (amato leader sindacale alla Perugina), consigliere comunale e provinciale, è sembrato più logico. Siccome lo sdoppiamento di personalità non è la normalità, mi pare del tutto naturale che anche Stefano Vinti – come ognuno di noi - porti nel suo muoversi nel mondo gli aspetti, le esperienze, che, tutte insieme, contribuiscono alla formazione di un individuo. Insomma, nel suo DNA, insieme evidentemente ad un’infinità di altre cose, ci sono la politica ed il calcio. E c’è veramente qualcuno che pensa seriamente che andare a GALA SPORT a sostenere ad una platea tendenzialmente ostile posizioni non demagogiche serva a Stefano Vinti per fini “politici”? Suvvia…. Che cosa ha detto, poi, di tremendo Stefano Vinti? Semplicemente quello che – purtroppo - è davanti agli occhi di noi tutti. Cioè che Perugia non ama il Perugia. Che Perugia oggi può fare a meno del Perugia. Ora: questo è scientificamente vero, a meno che non siamo convinti delle ragioni di quel coro appassionato della Curva Nord (PERUGIA SIAMO NOI…SOLO NOI…SOLO NOI), coro orgogliosamente struggente di esaltata ed esaltante rivendicazione identitaria, ma romanticamente irreale. Occorre prendere atto, insomma, del deserto del Curi (che tale sarebbe anche con 3000 spettatori in più) E che in un territorio comunale di 162.000 abitanti ed in un bacino di utenza di circa 300.000 anime… i tre o quattro mila che domenicalmente si dannano/ci danniamo lo spirito NON SONO/NON SIAMO PERUGIA. Ahime!!! Sono/siamo una minoranza (neanche protetta…). E’ necessario partire di qui. E dalla consapevolezza che occorre, per riconquistare la città (posto che ancora sia possibile, vista le degenerazione del “badarello”) un impegno generale a ristabilire un giusto OTTIMISTICO rapporto tra società, squadra, tifoseria. E tutto ciò lo dico come tifoso. Come cittadino, purtroppo, non di rado mi capita di essere in assoluto, profondo disaccordo con quello che sul Muro leggo. Specialmente quando vedo il rifiuto di capire le ragioni altrui. O un’eccessiva superficialità. Chiaro che mi diverto anche. Talora quasi mi commuovo. |
Msg: 45 del 15/07/2009 17:14
28 di 33
Un saluto al nuovo entrato, nel muro, Perugia75. So chi è. So quanto ama il calcio in
generale ed il Perugia in particolare. E’ stato con me, qualche anno fa, per il suo servizio
civile. Giocava (non benissimo) in uno dei tanti campionati minori. Centrocampista,
diceva lui, medianaccio, dicevo io. Due epoche diverse, anche nel linguaggio calcistico.
La mia aveva le ali, le mezze ali, il centravanti o centrattacco, i mediani, il centromediano, i
terzini. Poi venne il tornante. Poi (e già qui cominciò il difficile) il libero e lo stopper. Tra
un po’ non sapranno più che cosa erano. Come potranno sganasciarsi dal ridere
quando diranno loro di quel tal Pilato che cedendo alla folla rumoreggiante disse “Va
bene. Barabba Libero e Cristo Stopper. Cazzi vostri se perdemo”.
Anche Stefano Vinti conosco. E – per favore – non diciamo sciocchezze. La polemica va
bene. Mischiare le carte in tavola no. Fin da ragazzo,Vinti ha giocato (benino) a calcio,
ha allenato, ha organizzato tornei, ha tifato per il Perugia e per la Juventus. E fin da
ragazzo – anche per tradizione familiare – ha fatto (come suol dirsi) politica attiva,
schierandosi ove a lui, figlio di partigiano ed operaio (amato leader sindacale alla
Perugina), consigliere comunale e provinciale, è sembrato più logico. Siccome lo
sdoppiamento di personalità non è la normalità, mi pare del tutto naturale che anche
Stefano Vinti – come ognuno di noi - porti nel suo muoversi nel mondo gli aspetti, le
esperienze, che, tutte insieme, contribuiscono alla formazione di un individuo. Insomma,
nel suo DNA, insieme evidentemente ad un’infinità di altre cose, ci sono la politica ed il
calcio. E c’è veramente qualcuno che pensa seriamente che andare a GALA SPORT a
sostenere ad una platea tendenzialmente ostile posizioni non demagogiche serva a
Stefano Vinti per fini “politici”? Suvvia….
Che cosa ha detto, poi, di tremendo Stefano Vinti? Semplicemente quello che –
purtroppo - è davanti agli occhi di noi tutti. Cioè che Perugia non ama il Perugia. Che
Perugia oggi può fare a meno del Perugia. Ora: questo è scientificamente vero, a meno
che non siamo convinti delle ragioni di quel coro appassionato della Curva Nord
(PERUGIA SIAMO NOI…SOLO NOI…SOLO NOI), coro orgogliosamente struggente di
esaltata ed esaltante rivendicazione identitaria, ma romanticamente irreale. Occorre
prendere atto, insomma, del deserto del Curi (che tale sarebbe anche con 3000 spettatori
in più) E che in un territorio comunale di 162.000 abitanti ed in un bacino di utenza di
circa 300.000 anime… i tre o quattro mila che domenicalmente si dannano/ci danniamo lo
spirito NON SONO/NON SIAMO PERUGIA. Ahime!!! Sono/siamo una minoranza
(neanche protetta…). E’ necessario partire di qui. E dalla consapevolezza che occorre,
per riconquistare la città (posto che ancora sia possibile, vista le degenerazione
del “badarello”) un impegno generale a ristabilire un giusto OTTIMISTICO rapporto tra
società, squadra, tifoseria. E tutto ciò lo dico come tifoso. Come cittadino, purtroppo,
non di rado mi capita di essere in assoluto, profondo disaccordo con quello che sul
Muro leggo. Specialmente quando vedo il rifiuto di capire le ragioni altrui. O
un’eccessiva superficialità. Chiaro che mi diverto anche. Talora quasi mi commuovo.
generale ed il Perugia in particolare. E’ stato con me, qualche anno fa, per il suo servizio
civile. Giocava (non benissimo) in uno dei tanti campionati minori. Centrocampista,
diceva lui, medianaccio, dicevo io. Due epoche diverse, anche nel linguaggio calcistico.
La mia aveva le ali, le mezze ali, il centravanti o centrattacco, i mediani, il centromediano, i
terzini. Poi venne il tornante. Poi (e già qui cominciò il difficile) il libero e lo stopper. Tra
un po’ non sapranno più che cosa erano. Come potranno sganasciarsi dal ridere
quando diranno loro di quel tal Pilato che cedendo alla folla rumoreggiante disse “Va
bene. Barabba Libero e Cristo Stopper. Cazzi vostri se perdemo”.
Anche Stefano Vinti conosco. E – per favore – non diciamo sciocchezze. La polemica va
bene. Mischiare le carte in tavola no. Fin da ragazzo,Vinti ha giocato (benino) a calcio,
ha allenato, ha organizzato tornei, ha tifato per il Perugia e per la Juventus. E fin da
ragazzo – anche per tradizione familiare – ha fatto (come suol dirsi) politica attiva,
schierandosi ove a lui, figlio di partigiano ed operaio (amato leader sindacale alla
Perugina), consigliere comunale e provinciale, è sembrato più logico. Siccome lo
sdoppiamento di personalità non è la normalità, mi pare del tutto naturale che anche
Stefano Vinti – come ognuno di noi - porti nel suo muoversi nel mondo gli aspetti, le
esperienze, che, tutte insieme, contribuiscono alla formazione di un individuo. Insomma,
nel suo DNA, insieme evidentemente ad un’infinità di altre cose, ci sono la politica ed il
calcio. E c’è veramente qualcuno che pensa seriamente che andare a GALA SPORT a
sostenere ad una platea tendenzialmente ostile posizioni non demagogiche serva a
Stefano Vinti per fini “politici”? Suvvia….
Che cosa ha detto, poi, di tremendo Stefano Vinti? Semplicemente quello che –
purtroppo - è davanti agli occhi di noi tutti. Cioè che Perugia non ama il Perugia. Che
Perugia oggi può fare a meno del Perugia. Ora: questo è scientificamente vero, a meno
che non siamo convinti delle ragioni di quel coro appassionato della Curva Nord
(PERUGIA SIAMO NOI…SOLO NOI…SOLO NOI), coro orgogliosamente struggente di
esaltata ed esaltante rivendicazione identitaria, ma romanticamente irreale. Occorre
prendere atto, insomma, del deserto del Curi (che tale sarebbe anche con 3000 spettatori
in più) E che in un territorio comunale di 162.000 abitanti ed in un bacino di utenza di
circa 300.000 anime… i tre o quattro mila che domenicalmente si dannano/ci danniamo lo
spirito NON SONO/NON SIAMO PERUGIA. Ahime!!! Sono/siamo una minoranza
(neanche protetta…). E’ necessario partire di qui. E dalla consapevolezza che occorre,
per riconquistare la città (posto che ancora sia possibile, vista le degenerazione
del “badarello”) un impegno generale a ristabilire un giusto OTTIMISTICO rapporto tra
società, squadra, tifoseria. E tutto ciò lo dico come tifoso. Come cittadino, purtroppo,
non di rado mi capita di essere in assoluto, profondo disaccordo con quello che sul
Muro leggo. Specialmente quando vedo il rifiuto di capire le ragioni altrui. O
un’eccessiva superficialità. Chiaro che mi diverto anche. Talora quasi mi commuovo.
Msg: 44 del 22/04/2009 18:44
Post sul forum:
706 di 1448
appello per rivolta:
carissimo, se hai letto un po' il muro in queste settimane saprai che stiamo discutendo
di un progetto per ricreare un pochino di entusiasmo tra i tifosi del grifo
per ora l'idea sarebbe quella di organizzare una "sagra del grifo": dobbiamo ancora
cominciare a pensarla ed a verificarne la fattibilità, però nel caso uno come te sarebbe
in-di-spen-sa-bi-le. lo so che tu non vuoi essere coinvolto bla, bla, bla ... però insisto
ci faresti tanto comodo
io intanto ti do la mia mail: grifopakal@excite.it
carissimo, se hai letto un po' il muro in queste settimane saprai che stiamo discutendo
di un progetto per ricreare un pochino di entusiasmo tra i tifosi del grifo
per ora l'idea sarebbe quella di organizzare una "sagra del grifo": dobbiamo ancora
cominciare a pensarla ed a verificarne la fattibilità, però nel caso uno come te sarebbe
in-di-spen-sa-bi-le. lo so che tu non vuoi essere coinvolto bla, bla, bla ... però insisto
ci faresti tanto comodo
io intanto ti do la mia mail: grifopakal@excite.it
Msg: 43 del 22/04/2009 17:15
27 di 33
Ma dico? Ci dimentichiamo il 4 febbraio 1979? Dice: non ero nato. Neanche io
ero nato quando Bruto liquidò con la sua 44 Magnum Giulio Cesare. Eppure lo
so. Tutte le TV ne parlarono. Dunque, quel 4 febbraio l'INTER si era portata al
Curi sul 2 a 0 con reti di Altobelli e Muraro sotto la Nord. L'arbitro è Longhi di
Roma. Non siamo tutti convinti della serietà della sua signora. E quando dico
TUTTI, intendo una massa compatta di belve urlanti. Io sto in Gradinata, perchè
non ho trovato biglietti di curva. Una volta che mi sono alzato (sto sull'ultimo
gradone in alto e dietro ci sono quattro file) ho fatto PLOP portando su con me
il mio amico Franco e altri due sconosciuti di Pantalla. Siamo rimasti in piedi.
Castagner. all'inizio del secondo tempo, toglie il mediano Redeghieri e inserisce
in attacco il giovane CACCIATORI a fianco di BAGNI, VANNINI, CASARSA E
SPEGGIORIN. Non sentiamo cazzi: non vogliamo perdere e dopo 9 minuti il
Condor va in rete. Da quel momento urliamo tutti con tutto. Capite? Tutti, tutti,
tutti: non la Curva che pure fa la sua parte come credo mai più. Non con cori
preordinati che pure ogni tanto si sentono, ma con urla fantasiose, crepitii di
ugole, bestemmie, insulti, Forza Perugia, dio qui dio là, madonna sopra,
madonna sotto, Forza Vannini, daje. daje daje, ululati. E al 13° il carognone
Bersellini toglie quello stronzo di Pasinato e mette dentro quel delinquente
comune, killer, farabutto di Fedele. Costui rompe immediatamente Bagni. Con
un pò di attack, viti al tungsteno, soda caustica PALOMBA, LUCHINI E
TOMASSINI gli rimettono a posto la gamba che non sarà più dritta come prima.
Ma abbiamo già effettuato la sostituzione e allora vai Bagni, vai, vai. Ci sono
davanti a me un pajo di tifosi interisti. Dicono, intimiditi e ammirati: MA QUESTI
QUANDO VINCONO CHE FANNO? Li sento e dico PREOCCUPETE DE QUIL
CHE FAMO SE PERDEMO. E che succede? Che il mascalzone Fedele su
indicazione del suo complice e mandante Bersellini ci rompe il MERAVIGLIOSO
CONDOR. Ancora non lo sappiamo (daje Franco, daje che dopo l'amazzamo).
Siamo in dieci e Bagni, commovente, è pressoché rotto. Non diciamo più
niente: urliamo soltanto. AAAAAHHHHH. Rigore, netto. Cacciatori falciato.
Longhi indica il dischetto. Ci abbracciamo. Casarsa col cazzo che sbaglia. Li tira
da fermo. Come? Ha cambiato idea? E' stato il segnalinee? Fijo de 'na
grandissima troja. Ma è quasi finita. Anzi è finita. Bravi mitici grifoni, adesso
tocca a noi. Invademo? No andamo dentro gli spogliatoi. Io voglio amazza
Fedele. Io, Bersellini. Io, Longhi. Va bene OGNUNO 'L SUO. Forza Grifoni,
Bravi, bravi, bravi, bravi.....Braaavi, Oddio, oddio, oddddddiiiiiooooooo. E
piango, anche adesso che lo scrivo.... Tutti piangono, ci sono centinaia di
tonsille per terra. Ceccarini, il Tigre, è saltato fino al cielo (qualcuno giura che
l'ha passato) e l'ha buttato dentro, quel coso sferico a spicchi.
ero nato quando Bruto liquidò con la sua 44 Magnum Giulio Cesare. Eppure lo
so. Tutte le TV ne parlarono. Dunque, quel 4 febbraio l'INTER si era portata al
Curi sul 2 a 0 con reti di Altobelli e Muraro sotto la Nord. L'arbitro è Longhi di
Roma. Non siamo tutti convinti della serietà della sua signora. E quando dico
TUTTI, intendo una massa compatta di belve urlanti. Io sto in Gradinata, perchè
non ho trovato biglietti di curva. Una volta che mi sono alzato (sto sull'ultimo
gradone in alto e dietro ci sono quattro file) ho fatto PLOP portando su con me
il mio amico Franco e altri due sconosciuti di Pantalla. Siamo rimasti in piedi.
Castagner. all'inizio del secondo tempo, toglie il mediano Redeghieri e inserisce
in attacco il giovane CACCIATORI a fianco di BAGNI, VANNINI, CASARSA E
SPEGGIORIN. Non sentiamo cazzi: non vogliamo perdere e dopo 9 minuti il
Condor va in rete. Da quel momento urliamo tutti con tutto. Capite? Tutti, tutti,
tutti: non la Curva che pure fa la sua parte come credo mai più. Non con cori
preordinati che pure ogni tanto si sentono, ma con urla fantasiose, crepitii di
ugole, bestemmie, insulti, Forza Perugia, dio qui dio là, madonna sopra,
madonna sotto, Forza Vannini, daje. daje daje, ululati. E al 13° il carognone
Bersellini toglie quello stronzo di Pasinato e mette dentro quel delinquente
comune, killer, farabutto di Fedele. Costui rompe immediatamente Bagni. Con
un pò di attack, viti al tungsteno, soda caustica PALOMBA, LUCHINI E
TOMASSINI gli rimettono a posto la gamba che non sarà più dritta come prima.
Ma abbiamo già effettuato la sostituzione e allora vai Bagni, vai, vai. Ci sono
davanti a me un pajo di tifosi interisti. Dicono, intimiditi e ammirati: MA QUESTI
QUANDO VINCONO CHE FANNO? Li sento e dico PREOCCUPETE DE QUIL
CHE FAMO SE PERDEMO. E che succede? Che il mascalzone Fedele su
indicazione del suo complice e mandante Bersellini ci rompe il MERAVIGLIOSO
CONDOR. Ancora non lo sappiamo (daje Franco, daje che dopo l'amazzamo).
Siamo in dieci e Bagni, commovente, è pressoché rotto. Non diciamo più
niente: urliamo soltanto. AAAAAHHHHH. Rigore, netto. Cacciatori falciato.
Longhi indica il dischetto. Ci abbracciamo. Casarsa col cazzo che sbaglia. Li tira
da fermo. Come? Ha cambiato idea? E' stato il segnalinee? Fijo de 'na
grandissima troja. Ma è quasi finita. Anzi è finita. Bravi mitici grifoni, adesso
tocca a noi. Invademo? No andamo dentro gli spogliatoi. Io voglio amazza
Fedele. Io, Bersellini. Io, Longhi. Va bene OGNUNO 'L SUO. Forza Grifoni,
Bravi, bravi, bravi, bravi.....Braaavi, Oddio, oddio, oddddddiiiiiooooooo. E
piango, anche adesso che lo scrivo.... Tutti piangono, ci sono centinaia di
tonsille per terra. Ceccarini, il Tigre, è saltato fino al cielo (qualcuno giura che
l'ha passato) e l'ha buttato dentro, quel coso sferico a spicchi.
Msg: 42 del 23/10/2008 22:26
50 di 59
È il 30 ottobre,in una giornata terribile di pioggia e di freddo scendono in campo Perugia e
juventus,Renato Curi muore durante lo svolgimento della partita. Ilario castagner scrive di Renato: “ti
ricordi Renato quando ci siamo incontrati?mi sorridesti e mi chiedesti “che ci fai qui in Sardegna con la 24
ore e l’ombrello?”. Era il maggio del 1973. A Bergamo si giocava atalanta-vicenza per la permanenza in
serie A. Mi avevano detto “vai a sassari a vedere torres-giulianova!” . A bergamo pioveva ed io avevo
l’ombrello. Un’ora di aereo e l’ombrello non serviva più: era una cosa ridicola con quel sole che spaccava
le pietre. Ero stato mandato per vedere un tuo compagno,invece io mi entusiasmai per te. Rimasi
impressionato dal tuo splendido tocco di palla, dai tuoi movimenti rapidi e brevi, dal tuo modo di giocare
senza pallone, dalla tua decisione nei contrasti, dalla tua progressione-palla al piede e testa alta-dalle tue
pennellate ai compagni. Ero rimasto colpito dal tuo genio calcistico. Tu vincesti la partita. Per me fu invece
una delle più brutte giornate della mia vita: l’atalanta era retrocessa in serie B. “glielo porto io l’ombrello”,
mi dicesti col tuo sorriso di sempre, cercando di rincuorarmi. Ci siamo ritrovati insieme dopo un anno qui a
Perugia. Ti sei innamorato della città;hai fatto amicizia con le persone che ti stavano vicino. Qui hai cercato
il tuo mondo con Clelia e Sabrina: “come si sta bene a perugia” mi dicevi continuamente. Sei stato una
delle colonne portanti del nostro perugia, artefice primo di tante giornate felici. Ti ricordi Renato: “vai sulla
palla, ti dicevo, sui calci d’angolo avversari, la diagonale in difesa, doppia il compagno, scala le
marcature..”. e tu con lo sguardo sempre sereno pronto a sacrificarti. Ti ricordi renato:” voglio rientrare
con la juve” mi dicevi, poi la tua speranza si velò di tristezza per la botta presa durante l’allenamento di
Spello. “ce la faccio lo stesso” mi dicesti. Il provino felice di sabato ti aveva rassenerato. E domenica mattina
30 ottobre:” sto benissimo mister, voglio giocare, sento che oggi farò una grande partita”. Fuori intanto
cominciava a piovere. Negli spoiatoi di pian di massiano stavi preparando il tuo grande rientro. A bergamo
si giocava atalanta-vicenza. Sei entrato in campo con il tuo solito sorriso. La pioggia diventava sempre più
prepotente e tu sei caduto senza un gemito. Avevo dimenticato l’ombrello. Perdonami Renato se non sono
riuscito a proteggerti. Ci hai lasciato col tuo solito sorriso. Ognuno di noi ha il diritto di scegliere come
vivere e come morire. Per tutto ciò che hai fatto, per tutto ciò che eri, avresti meritato la Nazionale. Ora
però sono sicuro che avrai un posto nella Nazionale del cielo. Allo stadio di pian di massiano, davanti a
circa quarantamila spettatori, si schierano le seguenti formazioni. Perugia: grassi, nappi,
dall’ora,frosio,zecchini,amenta,bagni,curi,novellino,vannini,speggiorin, (12 malizia,13 matteoni,14
scarpa).allenatore Castagner. Juventus:
zoff,cuccureddu,gentile,furino,morini,scirea,causio,tardelli,boninsegna,benetti,bettega, (12
marchese,13cabrini,14virdis).allenatore trapattoni. Arbitro: menegali di roma. Il tempo non promette nulla
di buono, a 15 minuti dalla fine del primo tempo si statena un temporale tremendo. Renato Curi subisce, in
un contrasto con causio, un leggero infortunio, esce qualche minuto dal campo e poi rientrerà. Intanto
seguita la pioggia battente,c’è l’intervallo e si inizia con il secondo tempo. Furino sta battendo un fallo
laterale, è il 5° minuto. Renato Curi cade a terra,è solo, non si rialzerà mai più. “il cadavere che giace
supino sul tavolo della sala settoria, indossa maglietta rossa con righe bianche e rosse al collo e ai polsi,
recante sul retro il numero 8 di colore bianco e sul davanti, a sinistra l’immagine del Grifo, canottiera di
cotone con maniche corte..” un’immagine, un ricordo terribile e commuovente. Ripercorriamo quelle ore
attraverso le parole di Renzo Luchini:” durante il primo tempo è vittima di una contusione ad un ginocchio.
Il prof. Tomassini, palomba e io, lo soccorriamo portandolo di peso ai bordi del campo, ma Renato scuote
il capo e dice che non ce la fa. Subito mi domanda quanto manca all’intervallo. Saputo che tra 4 minuti
l’arbitro fischierà per il riposo, si tranquillizza e mi dice “ce la faccio”. Negli spogliatoi si rifocilla con del the
caldo e mi chiede una sottomaglia asciutta. Ripresa-al 6’ Renato stramazza al suolo e vi rimane bocconi.
Bettega e morini sono i primi ad accorgersene e chiedono aiuto rivolti verso la nostra panchina.
Accorrono insieme a me il prof tomassini,palomba e il mister. La prensenza di castagner dentro il rettangolo
di gioco è cosa rara e denota la gravità della situazione. Adagiato subito su di una barella,Renato prende la
via degli spogliatoi mentre io, dopo avergli posato sopra una coperta, gli tengo il polso. Negli spogliatoi
urlo più volte il nome del dott.giorgi senza accorgermi, per l’angoscia, di averlo di fronte. Intanto sono
accorsi i prof Tomassini e bianchi che,insieme al loro collega, si rendono conto che non c’è un minuto da
perdere. Il prof.tomassini, che non ha fatto in tempo a cambiarsi le scarpe, a piedi nudi sale assieme a
Renato sull’autoambulanza e,a sirena spiegata, voliamo verso il policlinico. Durante il tragitto chiamo più
volte Renato, ma egli non mi risponde e non dà segni di vita. Gli pratico la respirazione bocca a bocca
mentre il viaggio sembra interminabile e la scena irreale. Proviamo col massaggio cardiaco: niente. Sotto il
diluvio arriviamo al policlinico e mentre i medici del centro di rianimazione salgono a bordo
dell’autoambulanza con le loro apparecchiature, io mi seggo in terra sotto la pioggia battente,come
inebetito. Mentre i medici disperatamente cercano di rianimare l’atleta, telefono più volte allo stadio senza
riuscire a parlare con alcuno. Mentendo, impedisco a clelia curi, che intanto è sopraggiunta, di avvicinarsi
al marito. Dopo un’ora di falliti tentativi medici i medici debbono arrendersi: Renato è morto. Allora
telefono nuovamente allo stadio, e, a paolo bellachioma che è all’apparecchio, dò la tragica notizia. Subito
dopo la salma di Renato è trasportata all’obitorio. Questa è la nuda cronaca di un pomeriggio terribile che
non dimenticherò mai, come non dimenticherò mai l’uomo Renato Curi,le cui fondamentali doti furono:
intelligenza, umanità e dedizione alla famiglia e alla professione”. Tutti i giocatori accorrono al policlinico di
Perugia per rendere omaggio al corpo di Renato Curi. La camera ardente,durante la notte, si allestisce negli
spogliatoi. Se stringono intorno tutti,la moglie,i parenti,i ragazzi con cui giocava, gli amici, i dirigenti.
L’arcivescovo lambruschini officia la messa per la cerimonia funebre, sono le ore 9:30 del mattino. Di fronte
ad un dramma così forte non ci sono parole adatte che possano esprimere il dolore e lo stupore della gente
che accorre allo stadio per i funerali. Piove a dirotto anche quel giorno a suggellare una continuità
terrificante e lancinante. Subito dopo la cerimonia il corpo di Renato Curi viene trasportato per la
tumulazione a pescara, nel cimitero di san silvestro. Quella morte lascia un vuoto grande, non coperto
dall’atto giusto di intitolare lo stadio proprio a quel piccolo eroe dei nostri tempi. E il ricordo è ancora vivo
e lo si può constatare quando, in forma privata,da quell’anno si celebra una messa in ricordo,nell’atrio degli
spogliatoi. Per cui chi vi partecipa non è un atto dovuto,rituale, ma sentito e vissuto. Di lui,nell’anno della
promozione, si era scritto:” Renato Curi (il finto dicitore). Chi vuol male,sostiene che Renato è un artistino
piovuto nel mondo del calcio almeno 20 anni dopo il suo tempo. La contestazione-aspra-vorrebbe mettere
il dito sulla “piaga” di un fisico che non è “olandesizzato” e di una struttura tecnica che talora,in effetti,può
dar l’impressione di voler concedere troppo ai compiacimenti del narcisismo. Ma Curi non può essere
valutato nei dettagli di possibili “negatività”: bisogna,invece,esaminarlo nel contesto dei pregi che
sicuramente esaltano lo stile,senza,però ,intralciare la funzionalità del collettivismo tattico. Bisogna,anzi,
ammettere che il suo talento è “rotella” indispensabile in un ingranaggio che voglia scivolare con efficace e
leggiadra efficienza. Curi vede ed intravede il calcio un pò prima del “mestieranti” non illuminati dalla
scintilla della classe. È un giovane (20 settembre 1953,montefiore aso,ascoli piceno) che ha tutto il diritto di
guardare con ottimismo al futuro. Certi suoi “acuti alla rivera” lo raccomandano ad una assoluta fiducia.
Dicono che abbia bisogno di maturare ancora un pò sul piano fisico. Aggiungono che rischia l’insidia di
troppo consueti infortuni. E forse i rilievi sono entrambi esatti. Comunque è perfino doveroso credere che
un “artista” dalle sue possibilità possa con salda ambizione, volgere un sereno sguardo sul..ponte del suo
domani.”. e invece, purtroppo, non ci sarà quel “volgere un sereno sguardo sul..ponte del suo domani”.
Sui giornali del 31 ottobre scoppia la polemica: perchè è morto Renato Curi? Soffriva di tachicardia? Cosa
avevano sentenziato le visite di controllo? Si poteva salvare con attrezzature migliori? L’associazione
calciatori chiede l’apertura di un inchiesta. Il sostituto procuratore della repubblica di perugia,
dott.pasqualino de franciscis apre un ‘inchiesta giudiziaria. Lamberto boranga,consigliere dell’AIC, prende
una posizione durissima: “le responsabilità sono dei medici, è chiaro: di questi del Perugia che non
completano l’indagine su un cardiopatico,ma anche di quelli di Coverciano che se la sbrigano dicendo che
è meglio tenerlo d’occhio. Parliamo di cuore qui, mica di piedi piatti! Però non fermiamoci ai medici che
sono in fondo un organo tecnico con un pò di etica in più, ma altrettanto soggetti a pressioni. Andiamo
all’origine:vorrei sapere il prezzo esatto di Curi nel passaggio dal como al perugia, perchè quello io lo
giudico un prezzo da liquidazione,concordato perchè tutti sapevano d’avere a che fare con un atleta
malato”. Ancora boranga: “troppe volte passare una visita per uno sportivo non è uno scherzo. Ti
liquidano con le solite frasi fatte: un cuore di uno sportivo batte sempre.beh! questa volta non ha battuto
più e adesso il rischio è che si lasci acquietare il rumore per dimenticare tutto. Tocca alla fedrazione
muoversi, o prima esaminare le proprie responsabilità oggettive e poi darsi da fare per cambiare”. Il 30
marzo, il sostituto procuratore della repubblica di perugia,dott,de franciscis, rinvia a giudizio per la morte di
Renato Curi: il prof. Tomassini,capo dell’equipe di perugia, per omicidio colposo; il dotto.fini e il
prof.branzi del cento tecnico di coverciano,per concorso del medesimo reato. Lamberto boranga,medico
sportivo, nel gennaio del ’96 su sport umbria torna sulla vicenda di Renato Curi e ad essa accomuna la
morte di Cesare bini , un podista,scomparso il 23 settembre ’95 all’età di 68 anni:”la morte improvvisa è
purtroppo evento, con le attuali strutture, difficilmente prevedibile.parlo di questa patologia drammatica
per ricordare non solo la more di Renato Curi, il grande condottiero del perugia della serie A, ma anche
quella più recente di cesare bini, più modesto sotto il profilo della fama, ma anche lui generoso podista,dai
grandi successi. Due eventi drammatici, emblematici per definire questa patologia oscura e imprevedibile. Il
problema “morte improvvisa” nella popolazione sportiva mondiale ha scarsa rilevanza emotiva. Il
problema “morte cardiaca improvvisa” negli stati uniti è di un decesso al minuto. È più diffusa causa di
mortalità nella popolazione di età superiore a 65 anni e,di riflesso, il principale problema sanitario del
mondo occidentale, quello industrializzato. Ridurre l’incidenza della morte improvvisa nello sport,è una
chimera. Sarebbe possibile farlo incrementando la sorveglianza, cioè l’assistenza diretta sui campi da gioco.
Aumentare il numero dei medici dello sport in servizio è auspicabile, ma non è possibile disporre su ogni
terreno di gioco e in ogni impianto di un defibrillatore o della strumentazione tipica dei reparti di
rianimazione. Per la complessità delle cause possibili, la morte improvvisa, è un evento non diagnosticabile
a priori. Certo, occorrerebbe che le visite d’idoneità,quelle dei non agonisti, fossero più crupolose, ma il
problema ha una tale rilevanza economica che contrasta con gli interessi strettamente medici.
L’elettrocardiogramma non basta più,occorre ricorrere,per rilevare le anomalie coronariche congenite,
all’ecocardiografia, che non viene utilizzata negli screeming di massa ed è riservata soltanto agli sportivi di
elitè. “occorrerebbe la presenza di un cardiologo dello sport,una figura professionale ancora quasi
inesistente. Sugli atleti di elitè tutto sarebbe invece possibile, anche se con costi altissimi e riflessi psicologici
non irrilevanti”. In ipotesi potremmo sottoporre , con una periodicità tutta da stabilire, gli atleti a una
carotidografia, ma è una possibilità non soltanto remota ma astratta,perchè pochi atleti si
assoggetterebbero a uno screening di questo genere altamente invasivo” . in realtà gli atleti di alto livello
sono sottoposti, in media ogni 3-4 mesi, ad indagini di notevole complessità. La tutela sanitaria messa a
punto dal CONI è approfondita. Gli atleti si sottopongono a visite approfondite con indagini
ecocardiografiche e con particolare attenzione alla elettrocardiografia da sforzo: cicloergometro o tappeto
ruotante. È certo che quando abbiamo dei sospetti di cardiopatia ci poniamo seriamente il problema, quindi
creiamo situazione sospensive, mettiamo a riposo l’atleta, e se è necessario, lo facciamo non idoneo, per il
suo bene. Lo sport troppo spesso però viene vissuto in maniera esasperata. Quanti sono andati oltre i loro
limiti? Nessuno lo può dire, ma è certo che il problema del figlio aspirante campione va spessso vissuto
come il problema dei genitori che aspirano ad avere, ad ogni costo, un figlio campione”. Franco vannini
ricorda con affetto renato curi :“con renato ho giocato un anno a como e tre anni e mezzo a perugia.
Andavamo d’accordissimo. Ci siamo scambiati confidenze, sogni, e progetti. Ricordo come se fosse adesso
che durante qualche ritiro,prima di addormentarci, avevamo parlato anche della morte,esorcizzandola con
tutta una serie di promesse che con il sorriso sulle labbra ci siamo fatti reciprocamente. Naturalmente
nessuno di noi due pensava ad una disgrazia,a lasciare i nostri figli in età così tenera,però,quel patto non
l’ho mai dimenticato. Renatino e Sabrina mi considerano un pò il loro secondo padre e questo mi rende
orgoglioso, mi gratifica di tante amarezze che ho provato nella vita”...lode a te Renato Curi...
juventus,Renato Curi muore durante lo svolgimento della partita. Ilario castagner scrive di Renato: “ti
ricordi Renato quando ci siamo incontrati?mi sorridesti e mi chiedesti “che ci fai qui in Sardegna con la 24
ore e l’ombrello?”. Era il maggio del 1973. A Bergamo si giocava atalanta-vicenza per la permanenza in
serie A. Mi avevano detto “vai a sassari a vedere torres-giulianova!” . A bergamo pioveva ed io avevo
l’ombrello. Un’ora di aereo e l’ombrello non serviva più: era una cosa ridicola con quel sole che spaccava
le pietre. Ero stato mandato per vedere un tuo compagno,invece io mi entusiasmai per te. Rimasi
impressionato dal tuo splendido tocco di palla, dai tuoi movimenti rapidi e brevi, dal tuo modo di giocare
senza pallone, dalla tua decisione nei contrasti, dalla tua progressione-palla al piede e testa alta-dalle tue
pennellate ai compagni. Ero rimasto colpito dal tuo genio calcistico. Tu vincesti la partita. Per me fu invece
una delle più brutte giornate della mia vita: l’atalanta era retrocessa in serie B. “glielo porto io l’ombrello”,
mi dicesti col tuo sorriso di sempre, cercando di rincuorarmi. Ci siamo ritrovati insieme dopo un anno qui a
Perugia. Ti sei innamorato della città;hai fatto amicizia con le persone che ti stavano vicino. Qui hai cercato
il tuo mondo con Clelia e Sabrina: “come si sta bene a perugia” mi dicevi continuamente. Sei stato una
delle colonne portanti del nostro perugia, artefice primo di tante giornate felici. Ti ricordi Renato: “vai sulla
palla, ti dicevo, sui calci d’angolo avversari, la diagonale in difesa, doppia il compagno, scala le
marcature..”. e tu con lo sguardo sempre sereno pronto a sacrificarti. Ti ricordi renato:” voglio rientrare
con la juve” mi dicevi, poi la tua speranza si velò di tristezza per la botta presa durante l’allenamento di
Spello. “ce la faccio lo stesso” mi dicesti. Il provino felice di sabato ti aveva rassenerato. E domenica mattina
30 ottobre:” sto benissimo mister, voglio giocare, sento che oggi farò una grande partita”. Fuori intanto
cominciava a piovere. Negli spoiatoi di pian di massiano stavi preparando il tuo grande rientro. A bergamo
si giocava atalanta-vicenza. Sei entrato in campo con il tuo solito sorriso. La pioggia diventava sempre più
prepotente e tu sei caduto senza un gemito. Avevo dimenticato l’ombrello. Perdonami Renato se non sono
riuscito a proteggerti. Ci hai lasciato col tuo solito sorriso. Ognuno di noi ha il diritto di scegliere come
vivere e come morire. Per tutto ciò che hai fatto, per tutto ciò che eri, avresti meritato la Nazionale. Ora
però sono sicuro che avrai un posto nella Nazionale del cielo. Allo stadio di pian di massiano, davanti a
circa quarantamila spettatori, si schierano le seguenti formazioni. Perugia: grassi, nappi,
dall’ora,frosio,zecchini,amenta,bagni,curi,novellino,vannini,speggiorin, (12 malizia,13 matteoni,14
scarpa).allenatore Castagner. Juventus:
zoff,cuccureddu,gentile,furino,morini,scirea,causio,tardelli,boninsegna,benetti,bettega, (12
marchese,13cabrini,14virdis).allenatore trapattoni. Arbitro: menegali di roma. Il tempo non promette nulla
di buono, a 15 minuti dalla fine del primo tempo si statena un temporale tremendo. Renato Curi subisce, in
un contrasto con causio, un leggero infortunio, esce qualche minuto dal campo e poi rientrerà. Intanto
seguita la pioggia battente,c’è l’intervallo e si inizia con il secondo tempo. Furino sta battendo un fallo
laterale, è il 5° minuto. Renato Curi cade a terra,è solo, non si rialzerà mai più. “il cadavere che giace
supino sul tavolo della sala settoria, indossa maglietta rossa con righe bianche e rosse al collo e ai polsi,
recante sul retro il numero 8 di colore bianco e sul davanti, a sinistra l’immagine del Grifo, canottiera di
cotone con maniche corte..” un’immagine, un ricordo terribile e commuovente. Ripercorriamo quelle ore
attraverso le parole di Renzo Luchini:” durante il primo tempo è vittima di una contusione ad un ginocchio.
Il prof. Tomassini, palomba e io, lo soccorriamo portandolo di peso ai bordi del campo, ma Renato scuote
il capo e dice che non ce la fa. Subito mi domanda quanto manca all’intervallo. Saputo che tra 4 minuti
l’arbitro fischierà per il riposo, si tranquillizza e mi dice “ce la faccio”. Negli spogliatoi si rifocilla con del the
caldo e mi chiede una sottomaglia asciutta. Ripresa-al 6’ Renato stramazza al suolo e vi rimane bocconi.
Bettega e morini sono i primi ad accorgersene e chiedono aiuto rivolti verso la nostra panchina.
Accorrono insieme a me il prof tomassini,palomba e il mister. La prensenza di castagner dentro il rettangolo
di gioco è cosa rara e denota la gravità della situazione. Adagiato subito su di una barella,Renato prende la
via degli spogliatoi mentre io, dopo avergli posato sopra una coperta, gli tengo il polso. Negli spogliatoi
urlo più volte il nome del dott.giorgi senza accorgermi, per l’angoscia, di averlo di fronte. Intanto sono
accorsi i prof Tomassini e bianchi che,insieme al loro collega, si rendono conto che non c’è un minuto da
perdere. Il prof.tomassini, che non ha fatto in tempo a cambiarsi le scarpe, a piedi nudi sale assieme a
Renato sull’autoambulanza e,a sirena spiegata, voliamo verso il policlinico. Durante il tragitto chiamo più
volte Renato, ma egli non mi risponde e non dà segni di vita. Gli pratico la respirazione bocca a bocca
mentre il viaggio sembra interminabile e la scena irreale. Proviamo col massaggio cardiaco: niente. Sotto il
diluvio arriviamo al policlinico e mentre i medici del centro di rianimazione salgono a bordo
dell’autoambulanza con le loro apparecchiature, io mi seggo in terra sotto la pioggia battente,come
inebetito. Mentre i medici disperatamente cercano di rianimare l’atleta, telefono più volte allo stadio senza
riuscire a parlare con alcuno. Mentendo, impedisco a clelia curi, che intanto è sopraggiunta, di avvicinarsi
al marito. Dopo un’ora di falliti tentativi medici i medici debbono arrendersi: Renato è morto. Allora
telefono nuovamente allo stadio, e, a paolo bellachioma che è all’apparecchio, dò la tragica notizia. Subito
dopo la salma di Renato è trasportata all’obitorio. Questa è la nuda cronaca di un pomeriggio terribile che
non dimenticherò mai, come non dimenticherò mai l’uomo Renato Curi,le cui fondamentali doti furono:
intelligenza, umanità e dedizione alla famiglia e alla professione”. Tutti i giocatori accorrono al policlinico di
Perugia per rendere omaggio al corpo di Renato Curi. La camera ardente,durante la notte, si allestisce negli
spogliatoi. Se stringono intorno tutti,la moglie,i parenti,i ragazzi con cui giocava, gli amici, i dirigenti.
L’arcivescovo lambruschini officia la messa per la cerimonia funebre, sono le ore 9:30 del mattino. Di fronte
ad un dramma così forte non ci sono parole adatte che possano esprimere il dolore e lo stupore della gente
che accorre allo stadio per i funerali. Piove a dirotto anche quel giorno a suggellare una continuità
terrificante e lancinante. Subito dopo la cerimonia il corpo di Renato Curi viene trasportato per la
tumulazione a pescara, nel cimitero di san silvestro. Quella morte lascia un vuoto grande, non coperto
dall’atto giusto di intitolare lo stadio proprio a quel piccolo eroe dei nostri tempi. E il ricordo è ancora vivo
e lo si può constatare quando, in forma privata,da quell’anno si celebra una messa in ricordo,nell’atrio degli
spogliatoi. Per cui chi vi partecipa non è un atto dovuto,rituale, ma sentito e vissuto. Di lui,nell’anno della
promozione, si era scritto:” Renato Curi (il finto dicitore). Chi vuol male,sostiene che Renato è un artistino
piovuto nel mondo del calcio almeno 20 anni dopo il suo tempo. La contestazione-aspra-vorrebbe mettere
il dito sulla “piaga” di un fisico che non è “olandesizzato” e di una struttura tecnica che talora,in effetti,può
dar l’impressione di voler concedere troppo ai compiacimenti del narcisismo. Ma Curi non può essere
valutato nei dettagli di possibili “negatività”: bisogna,invece,esaminarlo nel contesto dei pregi che
sicuramente esaltano lo stile,senza,però ,intralciare la funzionalità del collettivismo tattico. Bisogna,anzi,
ammettere che il suo talento è “rotella” indispensabile in un ingranaggio che voglia scivolare con efficace e
leggiadra efficienza. Curi vede ed intravede il calcio un pò prima del “mestieranti” non illuminati dalla
scintilla della classe. È un giovane (20 settembre 1953,montefiore aso,ascoli piceno) che ha tutto il diritto di
guardare con ottimismo al futuro. Certi suoi “acuti alla rivera” lo raccomandano ad una assoluta fiducia.
Dicono che abbia bisogno di maturare ancora un pò sul piano fisico. Aggiungono che rischia l’insidia di
troppo consueti infortuni. E forse i rilievi sono entrambi esatti. Comunque è perfino doveroso credere che
un “artista” dalle sue possibilità possa con salda ambizione, volgere un sereno sguardo sul..ponte del suo
domani.”. e invece, purtroppo, non ci sarà quel “volgere un sereno sguardo sul..ponte del suo domani”.
Sui giornali del 31 ottobre scoppia la polemica: perchè è morto Renato Curi? Soffriva di tachicardia? Cosa
avevano sentenziato le visite di controllo? Si poteva salvare con attrezzature migliori? L’associazione
calciatori chiede l’apertura di un inchiesta. Il sostituto procuratore della repubblica di perugia,
dott.pasqualino de franciscis apre un ‘inchiesta giudiziaria. Lamberto boranga,consigliere dell’AIC, prende
una posizione durissima: “le responsabilità sono dei medici, è chiaro: di questi del Perugia che non
completano l’indagine su un cardiopatico,ma anche di quelli di Coverciano che se la sbrigano dicendo che
è meglio tenerlo d’occhio. Parliamo di cuore qui, mica di piedi piatti! Però non fermiamoci ai medici che
sono in fondo un organo tecnico con un pò di etica in più, ma altrettanto soggetti a pressioni. Andiamo
all’origine:vorrei sapere il prezzo esatto di Curi nel passaggio dal como al perugia, perchè quello io lo
giudico un prezzo da liquidazione,concordato perchè tutti sapevano d’avere a che fare con un atleta
malato”. Ancora boranga: “troppe volte passare una visita per uno sportivo non è uno scherzo. Ti
liquidano con le solite frasi fatte: un cuore di uno sportivo batte sempre.beh! questa volta non ha battuto
più e adesso il rischio è che si lasci acquietare il rumore per dimenticare tutto. Tocca alla fedrazione
muoversi, o prima esaminare le proprie responsabilità oggettive e poi darsi da fare per cambiare”. Il 30
marzo, il sostituto procuratore della repubblica di perugia,dott,de franciscis, rinvia a giudizio per la morte di
Renato Curi: il prof. Tomassini,capo dell’equipe di perugia, per omicidio colposo; il dotto.fini e il
prof.branzi del cento tecnico di coverciano,per concorso del medesimo reato. Lamberto boranga,medico
sportivo, nel gennaio del ’96 su sport umbria torna sulla vicenda di Renato Curi e ad essa accomuna la
morte di Cesare bini , un podista,scomparso il 23 settembre ’95 all’età di 68 anni:”la morte improvvisa è
purtroppo evento, con le attuali strutture, difficilmente prevedibile.parlo di questa patologia drammatica
per ricordare non solo la more di Renato Curi, il grande condottiero del perugia della serie A, ma anche
quella più recente di cesare bini, più modesto sotto il profilo della fama, ma anche lui generoso podista,dai
grandi successi. Due eventi drammatici, emblematici per definire questa patologia oscura e imprevedibile. Il
problema “morte improvvisa” nella popolazione sportiva mondiale ha scarsa rilevanza emotiva. Il
problema “morte cardiaca improvvisa” negli stati uniti è di un decesso al minuto. È più diffusa causa di
mortalità nella popolazione di età superiore a 65 anni e,di riflesso, il principale problema sanitario del
mondo occidentale, quello industrializzato. Ridurre l’incidenza della morte improvvisa nello sport,è una
chimera. Sarebbe possibile farlo incrementando la sorveglianza, cioè l’assistenza diretta sui campi da gioco.
Aumentare il numero dei medici dello sport in servizio è auspicabile, ma non è possibile disporre su ogni
terreno di gioco e in ogni impianto di un defibrillatore o della strumentazione tipica dei reparti di
rianimazione. Per la complessità delle cause possibili, la morte improvvisa, è un evento non diagnosticabile
a priori. Certo, occorrerebbe che le visite d’idoneità,quelle dei non agonisti, fossero più crupolose, ma il
problema ha una tale rilevanza economica che contrasta con gli interessi strettamente medici.
L’elettrocardiogramma non basta più,occorre ricorrere,per rilevare le anomalie coronariche congenite,
all’ecocardiografia, che non viene utilizzata negli screeming di massa ed è riservata soltanto agli sportivi di
elitè. “occorrerebbe la presenza di un cardiologo dello sport,una figura professionale ancora quasi
inesistente. Sugli atleti di elitè tutto sarebbe invece possibile, anche se con costi altissimi e riflessi psicologici
non irrilevanti”. In ipotesi potremmo sottoporre , con una periodicità tutta da stabilire, gli atleti a una
carotidografia, ma è una possibilità non soltanto remota ma astratta,perchè pochi atleti si
assoggetterebbero a uno screening di questo genere altamente invasivo” . in realtà gli atleti di alto livello
sono sottoposti, in media ogni 3-4 mesi, ad indagini di notevole complessità. La tutela sanitaria messa a
punto dal CONI è approfondita. Gli atleti si sottopongono a visite approfondite con indagini
ecocardiografiche e con particolare attenzione alla elettrocardiografia da sforzo: cicloergometro o tappeto
ruotante. È certo che quando abbiamo dei sospetti di cardiopatia ci poniamo seriamente il problema, quindi
creiamo situazione sospensive, mettiamo a riposo l’atleta, e se è necessario, lo facciamo non idoneo, per il
suo bene. Lo sport troppo spesso però viene vissuto in maniera esasperata. Quanti sono andati oltre i loro
limiti? Nessuno lo può dire, ma è certo che il problema del figlio aspirante campione va spessso vissuto
come il problema dei genitori che aspirano ad avere, ad ogni costo, un figlio campione”. Franco vannini
ricorda con affetto renato curi :“con renato ho giocato un anno a como e tre anni e mezzo a perugia.
Andavamo d’accordissimo. Ci siamo scambiati confidenze, sogni, e progetti. Ricordo come se fosse adesso
che durante qualche ritiro,prima di addormentarci, avevamo parlato anche della morte,esorcizzandola con
tutta una serie di promesse che con il sorriso sulle labbra ci siamo fatti reciprocamente. Naturalmente
nessuno di noi due pensava ad una disgrazia,a lasciare i nostri figli in età così tenera,però,quel patto non
l’ho mai dimenticato. Renatino e Sabrina mi considerano un pò il loro secondo padre e questo mi rende
orgoglioso, mi gratifica di tante amarezze che ho provato nella vita”...lode a te Renato Curi...
Msg: 41 del 22/10/2008 10:09
6 di 20
L'arrivo di Gaucci [modifica]
Nel 1991 Luciano Gaucci, imprenditore romano già vicepresidente della Roma, rileva il Perugia, che milita in
Serie C ed è sull'orlo del fallimento. Il nuovo proprietario vuole portare il Perugia ad alti livelli e con una
imponente campagna acquisti, che porta in Umbria anche Giuseppe Dossena, in alcuni anni ci riesce. Nel
1991-92 la squadra è 3° e sfiora la promozione in Serie B, ottenuta l'anno successivo al termine di uno
spareggio contro l'Acireale vinto dalla formazione umbra 2-1; ma per Gaucci scoppia lo scandalo di un
cavallo "regalato" ad un arbitro compiacente (che in realtà era stato venduto per 10 milioni anziché 20), e
la CAF rispedisce il Perugia in Serie C, promuove l'Acireale e squalifica il presidente per tre anni. L'anno
successivo, stagione 1993-94, non c'è storia: il Perugia vince nettamente il campionato e viene promosso in
Serie B: vi resta solo 2 anni, perché nella stagione 1995-96, la squadra, allenata da Giovanni Galeone,
compie il grande salto in Serie A classificandosi al 3° posto.
Il ritorno in serie A [modifica]
La permanenza in Serie A dura solo un anno: al termine di una stagione difficile, segnata anche
dall'esonero di Galeone e dall'approdo a Perugia di Nevio Scala, la squadra viene retrocessa all'ultima
giornata, pur a seguito di un inizio di campionato esaltante.
Di nuovo in Serie B, il Perugia è subito intenzionato a tornare nel calcio che conta; ci riesce, ma per farlo il
patron cambia quattro volte allenatore: Attilio Perotti viene prima sostituito da Albertino Bigon, poi Gaucci
lo richiama per alcune giornate a riprendere il suo posto, ma poi lo scarica definitivamente riportando in
panchina Ilario Castagner. E l'allenatore dei miracoli riesce in una nuova impresa: con un finale da record
aggancia il Torino al quarto posto e nello spareggio promozione di Reggio Emilia trionfa sui granata ai calci
di rigore.
In serie A il Perugia stavolta resta 6 anni; nella stagione 1998-'99 la squadra, guidata da Castagner poi
sostituito da Vujadin Boskov, raggiunge la salvezza classificandosi al 14° posto e qualificandosi per la
Coppa Intertoto: si mettono in luce, amatissimi dai tifosi, il croato Milan Rapaic e il giapponese Hidetoshi
Nakata. Nella stagione 1999-'00 la squadra è affidata a Carlo Mazzone, che la porta al 10° posto, e
soprattutto compie, all'ultima giornata, l'impresa di battere la Juventus, togliendole così la gioia dello
scudetto, che va alla Lazio..
L'era di Serse Cosmi [modifica]
Nel luglio 2000, il patron Gaucci, abituato a stupire, ingaggia Serse Cosmi, allenatore perugino di nascita ma
semi-sconosciuto dal grande pubblico. La piazza è contro il suo presidente, che sembra far di tutto per non
andare d'accordo con i tifosi; riempie la squadra di giovani e di giocatori presi a prezzi bassissimi in
campionati di ogni angolo del mondo o dalle serie inferiori, ma che in Serie A troveranno grande fortuna:
Mirko Pieri, Fabio Grosso, Fabio Liverani, Davide Baiocco, Marco Di Loreto. Dall'estero arrivano, ad
esempio, Zè Maria e Zisis Vryzas.
Il risultato è sorprendente: la squadra gioca un calcio divertente e proficuo, affermandosi come la sorpresa
della Serie A. Serse Cosmi ottiene il massimo dalla sua squadra, lanciando i giovani ai massimi livelli della
Serie A: tra questi Materazzi, Liverani, Grosso, Baiocco, Miccoli, che presto approderanno in Nazionale e
nei club più importanti del nostro campionato. Il Perugia si classifica 10° nella stagione 2000-01, 8° nella
stagione 2001-'02, mentre l'anno successivo, guidato da Fabrizio Miccoli, addirittura sfiora la finale di Coppa
Italia dopo aver eliminato la Juventus, ma venendo eliminata dal Milan, e si qualifica per la Coppa Intertoto
classificandosi 9°, al termine di un'annata ricca di soddisfazioni (tra cui uno spettacolare successo sull'Inter
per 4-1).
La quarta stagione sotto la guida di Cosmi si apre con la vittoria della Coppa Intertoto sui tedeschi del
Wolfsburg, che qualifica la squadra in Coppa Uefa. Il Perugia arriva fino al terzo turno, nel quale, dopo
aver eliminato Dundee United e Aris Salonicco, viene eliminato dal più titolato Psv Eindhoven. Non
altrettanto fortunato però il cammino in campionato: il Perugia non vince una partita per tutto il girone di
andata e, quasi spacciato a quattro giornate dal termine, riesce alla fine a raggiungere l'insperato spareggio
salvezza contro la Fiorentina; ma ad avere la meglio è la squadra viola (0-1; 1-1), che torna così in Serie A
dopo il fallimento. Il Perugia scende in serie B, si conclude l'era Cosmi, e ben presto si concluderà anche
l'era Gaucci.
Anche questa, a suo modo, è stata una stagione dei miracoli...
Nel 1991 Luciano Gaucci, imprenditore romano già vicepresidente della Roma, rileva il Perugia, che milita in
Serie C ed è sull'orlo del fallimento. Il nuovo proprietario vuole portare il Perugia ad alti livelli e con una
imponente campagna acquisti, che porta in Umbria anche Giuseppe Dossena, in alcuni anni ci riesce. Nel
1991-92 la squadra è 3° e sfiora la promozione in Serie B, ottenuta l'anno successivo al termine di uno
spareggio contro l'Acireale vinto dalla formazione umbra 2-1; ma per Gaucci scoppia lo scandalo di un
cavallo "regalato" ad un arbitro compiacente (che in realtà era stato venduto per 10 milioni anziché 20), e
la CAF rispedisce il Perugia in Serie C, promuove l'Acireale e squalifica il presidente per tre anni. L'anno
successivo, stagione 1993-94, non c'è storia: il Perugia vince nettamente il campionato e viene promosso in
Serie B: vi resta solo 2 anni, perché nella stagione 1995-96, la squadra, allenata da Giovanni Galeone,
compie il grande salto in Serie A classificandosi al 3° posto.
Il ritorno in serie A [modifica]
La permanenza in Serie A dura solo un anno: al termine di una stagione difficile, segnata anche
dall'esonero di Galeone e dall'approdo a Perugia di Nevio Scala, la squadra viene retrocessa all'ultima
giornata, pur a seguito di un inizio di campionato esaltante.
Di nuovo in Serie B, il Perugia è subito intenzionato a tornare nel calcio che conta; ci riesce, ma per farlo il
patron cambia quattro volte allenatore: Attilio Perotti viene prima sostituito da Albertino Bigon, poi Gaucci
lo richiama per alcune giornate a riprendere il suo posto, ma poi lo scarica definitivamente riportando in
panchina Ilario Castagner. E l'allenatore dei miracoli riesce in una nuova impresa: con un finale da record
aggancia il Torino al quarto posto e nello spareggio promozione di Reggio Emilia trionfa sui granata ai calci
di rigore.
In serie A il Perugia stavolta resta 6 anni; nella stagione 1998-'99 la squadra, guidata da Castagner poi
sostituito da Vujadin Boskov, raggiunge la salvezza classificandosi al 14° posto e qualificandosi per la
Coppa Intertoto: si mettono in luce, amatissimi dai tifosi, il croato Milan Rapaic e il giapponese Hidetoshi
Nakata. Nella stagione 1999-'00 la squadra è affidata a Carlo Mazzone, che la porta al 10° posto, e
soprattutto compie, all'ultima giornata, l'impresa di battere la Juventus, togliendole così la gioia dello
scudetto, che va alla Lazio..
L'era di Serse Cosmi [modifica]
Nel luglio 2000, il patron Gaucci, abituato a stupire, ingaggia Serse Cosmi, allenatore perugino di nascita ma
semi-sconosciuto dal grande pubblico. La piazza è contro il suo presidente, che sembra far di tutto per non
andare d'accordo con i tifosi; riempie la squadra di giovani e di giocatori presi a prezzi bassissimi in
campionati di ogni angolo del mondo o dalle serie inferiori, ma che in Serie A troveranno grande fortuna:
Mirko Pieri, Fabio Grosso, Fabio Liverani, Davide Baiocco, Marco Di Loreto. Dall'estero arrivano, ad
esempio, Zè Maria e Zisis Vryzas.
Il risultato è sorprendente: la squadra gioca un calcio divertente e proficuo, affermandosi come la sorpresa
della Serie A. Serse Cosmi ottiene il massimo dalla sua squadra, lanciando i giovani ai massimi livelli della
Serie A: tra questi Materazzi, Liverani, Grosso, Baiocco, Miccoli, che presto approderanno in Nazionale e
nei club più importanti del nostro campionato. Il Perugia si classifica 10° nella stagione 2000-01, 8° nella
stagione 2001-'02, mentre l'anno successivo, guidato da Fabrizio Miccoli, addirittura sfiora la finale di Coppa
Italia dopo aver eliminato la Juventus, ma venendo eliminata dal Milan, e si qualifica per la Coppa Intertoto
classificandosi 9°, al termine di un'annata ricca di soddisfazioni (tra cui uno spettacolare successo sull'Inter
per 4-1).
La quarta stagione sotto la guida di Cosmi si apre con la vittoria della Coppa Intertoto sui tedeschi del
Wolfsburg, che qualifica la squadra in Coppa Uefa. Il Perugia arriva fino al terzo turno, nel quale, dopo
aver eliminato Dundee United e Aris Salonicco, viene eliminato dal più titolato Psv Eindhoven. Non
altrettanto fortunato però il cammino in campionato: il Perugia non vince una partita per tutto il girone di
andata e, quasi spacciato a quattro giornate dal termine, riesce alla fine a raggiungere l'insperato spareggio
salvezza contro la Fiorentina; ma ad avere la meglio è la squadra viola (0-1; 1-1), che torna così in Serie A
dopo il fallimento. Il Perugia scende in serie B, si conclude l'era Cosmi, e ben presto si concluderà anche
l'era Gaucci.
Anche questa, a suo modo, è stata una stagione dei miracoli...
Msg: 40 del 22/10/2008 07:03
16 di 100
Rivalta,
complimenti per i tuoi racconti!
Incredibilmente stupendo il pezzo di Piccioni sul Perugia dei Miracoli!!!
Mi vien voglia di parlare di tutti i miei ricordi di quel periodo... ma mi sono rimesso a leggere le tue storie di quel
Perugia che ha preceduto quello di D'Attoma-Castagner-Ramaccioni-Molini e mi sono tornati tanti ricordi... il saltare il
muro e rotola` giu` pe' l'greppo fino ad ariva` n'curva... l'arampicasse sugli alberi per vede` "la partita"... e tante
tante belle (ma lontane, troppo lontane) memorie.
Tu sembra che sei ben documentato e ti ricordi benissimo di quegli anni: parlaci di Vanara, Panio, Polentes, Bacchetta,
Piccioni, il grande Mazzia, Dugini, Mainardi, Montenovo, Innocenti, Lolli, Gabetto, Azzali e logicamente del Sor
Guido... questi sono solo alcuni nomi che mi riaffiorano... mi ripassano davanti quelle maglie inzuppate di sudore con
il GRIFO nel petto! - magari quella de Innocenti non troppo inzuppata... nun se sporcava mai :)
Facci ritornare la pelle d'oca con i tuoi dettagliati racconti, e fai conoscere ai piu` giovani che cosa e` il
PERUGIA... chi sono stati gli eroi di cento anni di storia!
complimenti per i tuoi racconti!
Incredibilmente stupendo il pezzo di Piccioni sul Perugia dei Miracoli!!!
Mi vien voglia di parlare di tutti i miei ricordi di quel periodo... ma mi sono rimesso a leggere le tue storie di quel
Perugia che ha preceduto quello di D'Attoma-Castagner-Ramaccioni-Molini e mi sono tornati tanti ricordi... il saltare il
muro e rotola` giu` pe' l'greppo fino ad ariva` n'curva... l'arampicasse sugli alberi per vede` "la partita"... e tante
tante belle (ma lontane, troppo lontane) memorie.
Tu sembra che sei ben documentato e ti ricordi benissimo di quegli anni: parlaci di Vanara, Panio, Polentes, Bacchetta,
Piccioni, il grande Mazzia, Dugini, Mainardi, Montenovo, Innocenti, Lolli, Gabetto, Azzali e logicamente del Sor
Guido... questi sono solo alcuni nomi che mi riaffiorano... mi ripassano davanti quelle maglie inzuppate di sudore con
il GRIFO nel petto! - magari quella de Innocenti non troppo inzuppata... nun se sporcava mai :)
Facci ritornare la pelle d'oca con i tuoi dettagliati racconti, e fai conoscere ai piu` giovani che cosa e` il
PERUGIA... chi sono stati gli eroi di cento anni di storia!
Msg: 39 del 15/10/2008 17:49
25 di 33
MI E’ CAPITATO DI RILEGGERE NEL BEL “DIZIONARIO DEL CALCIO ITALIANO” (DUE VOLUMI A
CURA DI CARLO SAPPINO EDITI DA BALDINI & CASTOLDI NEL 2000) UNA BELLA PAGINA DI
VALERIO PICCIONI (ATTUALMENTE DIRIGENTE ROMANO DELLA GAZZETTA DELLO SPORT). VE LA
PROPONGO IN ATTESA DEL DERBY. HO CERCATO NELLA STESSA OPERA QUALCOSA DI ANALOGO
SUGLI OBIETTIVAMENTE INFERIORI. NON HO TROVATO ALCUNCHE’.CHISSA’ PERCHE’. PEREPEPE’.
UN’AVVERTENZA. LO SCRITTO DI PICCIONI CONTIENE UN ERRORE:IL GOL DI SPEGGIORIN CHE
COLPISCE DI TESTA A VOLO D’ANGELO (ANCORA STREMOLISCOAL RICORDO !!!!!!!!!!) E CHE
COMPARE SULLA COPERTINA DEL LIBRO DATO IN OMAGGIO AGLI ABBONATI E’ CONTRO
L’ASCOLI, NON CONTRO LA JUVE .
Buona lettura. Tra qualche tempo, se lo gradite, riprenderò il racconto dei MIEI griforicordi
******
Perugia / La stagione dei miracoli
In genere si dice che nella vita si possono cambiare donna, lavoro abitudini. Tutto, meno la squadra di
calcio per cui tifare. Io sono un’eccezione. Ammetto la mia colpa e vengo al dunque. Dove il dunque è un
bambino juventino che a un certo punto tradisce la fidanzata, s’innamora di un’altra: il Perugia. Prima sono
delle scappatelle, mi piacciono molto i “calci sputi e colpi di testa” con cui Paolo Sollier vive il suo pallone
contro corrente fino a scriverci un libro, e poi Perugia sono i “baci”, la “Città della domenica”, una bella
gita non troppo distante da Roma. A un certo punto la cosa diventa più seria, nasce il “Perugia dei
miracoli” e io cambio squadra. Tanto che oggi la prima formazione che snocciolo a memoria è lei, quella del
secondo posto: Malizia; Nappi, Ceccarini; Frosio, Della Martira, Dal Fiume; Bagni, Butti, Casarsa, Vannini,
Speggiorin. Non s’offendano comunque i vari Redeghieri, Zecchini, Marco Cacciatori. Allenatore Ilario
Castagner, che qualche anno dopo conoscerò da addetto ai lavori e scoprirò persona di educazione
sopraffina e di valori importanti.
E’ la storia di una provinciale che fa fortuna. Però non basta metterla così. C’è qualcosa di diverso, che
lega città, squadra, presidente, quel D’Attoma che diventa uno dei simboli della gran carriera degli umbri in
quella stagione 1978-79, secondi alle spalle del Milan, quel Milan che era solo due punti più su quel giorno,
la domenica dello scontro diretto, finito in parità, 1 – 1.
E poi quando dici provinciale è come se il vecchio, l’antico, la tradizione riuscissero a difendersi e a resistere
contro il giovane, il grande, il nuovo. Quel Perugia fu l’esatto opposto: al contrario avevi la sensazione di
avere a che fare con qualcosa di moderno. Era una squadra formata anche da casi e strane convivenze: il
portiere Malizia, per esempio, fu promosso in prima squadra dall’infortunio di Grassi. Cominciò e fece subito
parlare di sé, sette punti in quattro partite con vittoria in trasferta a Torino contro la Juve, due a uno, gol
di Speggiorin e Vannini.
E qui apro una parentesi perché Franco Vannini fu davvero l’anima di quella squadra, in un certo senso la
sua metafora, perché tutto fu molto bello – l’imbattibilità, il secondo posto – però durò troppo poco: la
stagione dopo, quella di Paolo Rossi, della scelta “pionieristica” dello sponsor sulle maglie, fu anche quella
del calcio-scommesse, in pratica della fine di una storia. E allora ecco le due immagini del “condor”, quella
della staffilata contro la Juve e l’altra, l’infortunio nello scontro con Fedele, la frattura della gamba contro
l’Inter, maledizione, un giorno che faceva presagire il peggio.
Il “Perugia dei miracoli” non era né olandese, né “catenacciaro”, viveva della sua condizione fisica, però il
suo schieramento, con Casarsa centravanti arretrato, non era da arrembaggio. Casarsa. I nomi non sono
soltanto nomi. A Casarsa, Casarsa della Delizia, provincia di Pordenone, aveva vissuto in gioventù Pier
Paolo Pasolini innamorato del calcio.Un tipo come Casarsa (anche lui friulano) forse gli piaceva (se ha
fatto in tempo a conoscerlo prima di morire).Il rigore battuto in quel modo a quale genere calcistico-
letterario apparteneva in mezzo agli elzeviri di Mazzola o alla prosa “poetica” di Rivera? Casarsa oscillava tra
serietà e seriosità, un giorno la sua storia diventò persino uno spettacolo teatrale, e lui, il lui interpretato,
non quello in carne e ossa, è entrato in scena con quel libro “il Perugia dei miracoli” che in una biblioteca
di un tifoso del grifo non può mancare.
Però sulla copertina del volume c’è Speggiorin, un tuffo di testa bellissimo contro la Juve: diventò il
manifesto della campagna abbonamenti dell’anno dopo. Ma quella, l’ho già detto, fu un’altra storia. Di quel
Perugia, di quel Perugia colpiva pure la maglia. Moderna, anche qui vien voglia di usare quest’aggettivo:
colletto bianco e rosso grifo, un rosso che sapeva d’inglese e di maglie che sarebbero venute dopo.
Altrove vigevano ancora le strisce, verticali o diagonali, non c’era stata ancora la rivoluzione cromatica di
questi ultimi anni.
C’era anche qualcos’altro, anzi qualcun altro a cui pensare quando vedevi giocare la squadra: a Renato
Curi, a quel giocatore visto in figurina, che era morto quasi sul campo in una tragica domenica, dando poi
il suo nome al nuovo stadio. E poi Perugia è strana: da una parte è snob, fa finta di non farsi coinvolgere,
è distante da una passione di massa come il calcio. Ma è solo apparenza, il pallone conta ed entusiasma, lo si
è visto negli anni bui del calcio-scommesse, delle retrocessioni a tavolino, della B e della C.
Forse si pareggiava troppo. Voglio dire che il tifoso la viveva così, l’imbattibilità era diventata una prigione.
Magari uno si illudeva che evadendo sarebbe stato diverso, che il “miracolo” potesse chiamarsi scudetto.
Ma nel calcio è come fuori del calcio: quando si ha molto, si vuole avere di più.
E’ bello comunque che quel Perugia sia vivo e vegeto. Che sia ancora in qualche modo una squadra. Se
non altro legata dal fatto che in molti a Perugia si sono fermati e oggi ricordare fa meno nostalgia perché
questa gente ha anche altre Perugia da raccontare,non solo quella dei “miracoli”. Ogni tanto mi è capitato
di andare in Piazza della Repubblica, all’agenzia di viaggi, a parlarne con Michele Nappi. Colpiscono la
misura e il sorriso con cui racconta, anche questo fa parte di quella che fu una grande squadra. Poi
Castagner, uno che ha messo su una casa affacciata sullo stadio e a cui i perugini vogliono un grande
bene. Forse troppo se proprio quest’affetto ha portato il presidente di adesso, Luciano Gaucci, a dire
qualche anno fa che così non si poteva andare avanti. Nonostante i buoni risultati della squadra, fu
cacciato. Così va il calcio.
Bello eh??? Visto il pezzo sulle maglie???
CURA DI CARLO SAPPINO EDITI DA BALDINI & CASTOLDI NEL 2000) UNA BELLA PAGINA DI
VALERIO PICCIONI (ATTUALMENTE DIRIGENTE ROMANO DELLA GAZZETTA DELLO SPORT). VE LA
PROPONGO IN ATTESA DEL DERBY. HO CERCATO NELLA STESSA OPERA QUALCOSA DI ANALOGO
SUGLI OBIETTIVAMENTE INFERIORI. NON HO TROVATO ALCUNCHE’.CHISSA’ PERCHE’. PEREPEPE’.
UN’AVVERTENZA. LO SCRITTO DI PICCIONI CONTIENE UN ERRORE:IL GOL DI SPEGGIORIN CHE
COLPISCE DI TESTA A VOLO D’ANGELO (ANCORA STREMOLISCOAL RICORDO !!!!!!!!!!) E CHE
COMPARE SULLA COPERTINA DEL LIBRO DATO IN OMAGGIO AGLI ABBONATI E’ CONTRO
L’ASCOLI, NON CONTRO LA JUVE .
Buona lettura. Tra qualche tempo, se lo gradite, riprenderò il racconto dei MIEI griforicordi
******
Perugia / La stagione dei miracoli
In genere si dice che nella vita si possono cambiare donna, lavoro abitudini. Tutto, meno la squadra di
calcio per cui tifare. Io sono un’eccezione. Ammetto la mia colpa e vengo al dunque. Dove il dunque è un
bambino juventino che a un certo punto tradisce la fidanzata, s’innamora di un’altra: il Perugia. Prima sono
delle scappatelle, mi piacciono molto i “calci sputi e colpi di testa” con cui Paolo Sollier vive il suo pallone
contro corrente fino a scriverci un libro, e poi Perugia sono i “baci”, la “Città della domenica”, una bella
gita non troppo distante da Roma. A un certo punto la cosa diventa più seria, nasce il “Perugia dei
miracoli” e io cambio squadra. Tanto che oggi la prima formazione che snocciolo a memoria è lei, quella del
secondo posto: Malizia; Nappi, Ceccarini; Frosio, Della Martira, Dal Fiume; Bagni, Butti, Casarsa, Vannini,
Speggiorin. Non s’offendano comunque i vari Redeghieri, Zecchini, Marco Cacciatori. Allenatore Ilario
Castagner, che qualche anno dopo conoscerò da addetto ai lavori e scoprirò persona di educazione
sopraffina e di valori importanti.
E’ la storia di una provinciale che fa fortuna. Però non basta metterla così. C’è qualcosa di diverso, che
lega città, squadra, presidente, quel D’Attoma che diventa uno dei simboli della gran carriera degli umbri in
quella stagione 1978-79, secondi alle spalle del Milan, quel Milan che era solo due punti più su quel giorno,
la domenica dello scontro diretto, finito in parità, 1 – 1.
E poi quando dici provinciale è come se il vecchio, l’antico, la tradizione riuscissero a difendersi e a resistere
contro il giovane, il grande, il nuovo. Quel Perugia fu l’esatto opposto: al contrario avevi la sensazione di
avere a che fare con qualcosa di moderno. Era una squadra formata anche da casi e strane convivenze: il
portiere Malizia, per esempio, fu promosso in prima squadra dall’infortunio di Grassi. Cominciò e fece subito
parlare di sé, sette punti in quattro partite con vittoria in trasferta a Torino contro la Juve, due a uno, gol
di Speggiorin e Vannini.
E qui apro una parentesi perché Franco Vannini fu davvero l’anima di quella squadra, in un certo senso la
sua metafora, perché tutto fu molto bello – l’imbattibilità, il secondo posto – però durò troppo poco: la
stagione dopo, quella di Paolo Rossi, della scelta “pionieristica” dello sponsor sulle maglie, fu anche quella
del calcio-scommesse, in pratica della fine di una storia. E allora ecco le due immagini del “condor”, quella
della staffilata contro la Juve e l’altra, l’infortunio nello scontro con Fedele, la frattura della gamba contro
l’Inter, maledizione, un giorno che faceva presagire il peggio.
Il “Perugia dei miracoli” non era né olandese, né “catenacciaro”, viveva della sua condizione fisica, però il
suo schieramento, con Casarsa centravanti arretrato, non era da arrembaggio. Casarsa. I nomi non sono
soltanto nomi. A Casarsa, Casarsa della Delizia, provincia di Pordenone, aveva vissuto in gioventù Pier
Paolo Pasolini innamorato del calcio.Un tipo come Casarsa (anche lui friulano) forse gli piaceva (se ha
fatto in tempo a conoscerlo prima di morire).Il rigore battuto in quel modo a quale genere calcistico-
letterario apparteneva in mezzo agli elzeviri di Mazzola o alla prosa “poetica” di Rivera? Casarsa oscillava tra
serietà e seriosità, un giorno la sua storia diventò persino uno spettacolo teatrale, e lui, il lui interpretato,
non quello in carne e ossa, è entrato in scena con quel libro “il Perugia dei miracoli” che in una biblioteca
di un tifoso del grifo non può mancare.
Però sulla copertina del volume c’è Speggiorin, un tuffo di testa bellissimo contro la Juve: diventò il
manifesto della campagna abbonamenti dell’anno dopo. Ma quella, l’ho già detto, fu un’altra storia. Di quel
Perugia, di quel Perugia colpiva pure la maglia. Moderna, anche qui vien voglia di usare quest’aggettivo:
colletto bianco e rosso grifo, un rosso che sapeva d’inglese e di maglie che sarebbero venute dopo.
Altrove vigevano ancora le strisce, verticali o diagonali, non c’era stata ancora la rivoluzione cromatica di
questi ultimi anni.
C’era anche qualcos’altro, anzi qualcun altro a cui pensare quando vedevi giocare la squadra: a Renato
Curi, a quel giocatore visto in figurina, che era morto quasi sul campo in una tragica domenica, dando poi
il suo nome al nuovo stadio. E poi Perugia è strana: da una parte è snob, fa finta di non farsi coinvolgere,
è distante da una passione di massa come il calcio. Ma è solo apparenza, il pallone conta ed entusiasma, lo si
è visto negli anni bui del calcio-scommesse, delle retrocessioni a tavolino, della B e della C.
Forse si pareggiava troppo. Voglio dire che il tifoso la viveva così, l’imbattibilità era diventata una prigione.
Magari uno si illudeva che evadendo sarebbe stato diverso, che il “miracolo” potesse chiamarsi scudetto.
Ma nel calcio è come fuori del calcio: quando si ha molto, si vuole avere di più.
E’ bello comunque che quel Perugia sia vivo e vegeto. Che sia ancora in qualche modo una squadra. Se
non altro legata dal fatto che in molti a Perugia si sono fermati e oggi ricordare fa meno nostalgia perché
questa gente ha anche altre Perugia da raccontare,non solo quella dei “miracoli”. Ogni tanto mi è capitato
di andare in Piazza della Repubblica, all’agenzia di viaggi, a parlarne con Michele Nappi. Colpiscono la
misura e il sorriso con cui racconta, anche questo fa parte di quella che fu una grande squadra. Poi
Castagner, uno che ha messo su una casa affacciata sullo stadio e a cui i perugini vogliono un grande
bene. Forse troppo se proprio quest’affetto ha portato il presidente di adesso, Luciano Gaucci, a dire
qualche anno fa che così non si poteva andare avanti. Nonostante i buoni risultati della squadra, fu
cacciato. Così va il calcio.
Bello eh??? Visto il pezzo sulle maglie???
Msg: 38 del 01/09/2008 15:49
3 di 3
oh!!!! alora!!!!!! Rivolta!!!!
vuoti il sacco o no?
allora..... era il 18 giugno 1972....
io avevo solo sei anni (aaaaaaaaaaaaaahhh - sospiro di nostalgia) e dal finestrino dell'850 (o era ancora la
giardinetta?) lo spettacolo che mi si presentava assomigliava a un carnevale......
Mio fratello era accanto a me, estasiato e curioso, in ginocchio per vedere meglio oltre le teste di mamma e
papà: lui non si è mai accontentato di uno sguardo laterale.
allora.... dicevo.... era il 18 giugno del 1972 e non sapevo che stavo vivendo uno di quei pochi giorni della
vita che non si confondono in mezzo agli altri.
vuoti il sacco o no?
allora..... era il 18 giugno 1972....
io avevo solo sei anni (aaaaaaaaaaaaaahhh - sospiro di nostalgia) e dal finestrino dell'850 (o era ancora la
giardinetta?) lo spettacolo che mi si presentava assomigliava a un carnevale......
Mio fratello era accanto a me, estasiato e curioso, in ginocchio per vedere meglio oltre le teste di mamma e
papà: lui non si è mai accontentato di uno sguardo laterale.
allora.... dicevo.... era il 18 giugno del 1972 e non sapevo che stavo vivendo uno di quei pochi giorni della
vita che non si confondono in mezzo agli altri.
Msg: 37 del 25/08/2008 23:10
30 di 53
Si caro Rivolta secondo me sei proprio GROSSO il portiere ci avevo preso vero?
Msg: 36 del 25/08/2008 21:18
Post sul forum:
78 di 155
Caro Rivolta, attendo, con trepidante curiosità, che ci sveli, prima o poi, l'orrendo misfatto di cui ti sei macchiato.
Tieni presente che qualunque reato tu abbia potuto commettere, è già caduto in prescrizione, visto che sono passato ben
trentasei anni dalla fatidica data.
PS: mio padre, pace alla sua anima poverino, era del '25 e delle sassaiole e delle risse, tra il Borgo Bello, Porta
Sant'Angelo e rioni viciniori, me ne ha raccontate diverse. Comprese le medicazioni presso la Farmacia del Dott. Vitali,
che con un po' di disinfettante e una pecetta, li rimandava a casa tutti interi ...
Cercherò di aspettare con pazienza, ma non abusarne troppo, Rivolta. Potrei essere un giudice più severo se l'epilogo si
farà attendere oltremodo ...
Tieni presente che qualunque reato tu abbia potuto commettere, è già caduto in prescrizione, visto che sono passato ben
trentasei anni dalla fatidica data.
PS: mio padre, pace alla sua anima poverino, era del '25 e delle sassaiole e delle risse, tra il Borgo Bello, Porta
Sant'Angelo e rioni viciniori, me ne ha raccontate diverse. Comprese le medicazioni presso la Farmacia del Dott. Vitali,
che con un po' di disinfettante e una pecetta, li rimandava a casa tutti interi ...
Cercherò di aspettare con pazienza, ma non abusarne troppo, Rivolta. Potrei essere un giudice più severo se l'epilogo si
farà attendere oltremodo ...
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