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Msg: 2 del 18/09/2009 09:33
27 di 257
un bel capitolo dedicato agli episodi salienti di questa la rivalità si trova all'interno
di "Congratulazioni, hai appena incontrato la ICF", scritto da Cass Pennant, uno dei
leader del tifo del West Ham............altri episodi vengono riportati in "Good Afternnon"
(sulla vita di Bill Gardner, altro leader , forse il più famoso) e in "West Ham
Guv'nors".........le rivalità risale agli anni '20: il West Ham (considerato da molti
impropriamente squadra di Londra Ovest, visto il nome) era la squadra espressione del
cantiere THAMes ironworks (soprannome infatti è quello di "hammers", ma anche
di "irons") che aderì ad uno sciopero gnerale .............gli operai portuali e dei cantieri
della zone più a sud est di Londra, come Cold blow Lane (dove sorgeva il The Den, il
vecchio stadio dei Lions) o South Bermodsey continuarono invece il lavoro facendo
azione di crumiraggio.....da allora sono botte ogni volta che si incontrano........P.S :
concordo con Santagiuliana sulla descrizione delle zone
di "Congratulazioni, hai appena incontrato la ICF", scritto da Cass Pennant, uno dei
leader del tifo del West Ham............altri episodi vengono riportati in "Good Afternnon"
(sulla vita di Bill Gardner, altro leader , forse il più famoso) e in "West Ham
Guv'nors".........le rivalità risale agli anni '20: il West Ham (considerato da molti
impropriamente squadra di Londra Ovest, visto il nome) era la squadra espressione del
cantiere THAMes ironworks (soprannome infatti è quello di "hammers", ma anche
di "irons") che aderì ad uno sciopero gnerale .............gli operai portuali e dei cantieri
della zone più a sud est di Londra, come Cold blow Lane (dove sorgeva il The Den, il
vecchio stadio dei Lions) o South Bermodsey continuarono invece il lavoro facendo
azione di crumiraggio.....da allora sono botte ogni volta che si incontrano........P.S :
concordo con Santagiuliana sulla descrizione delle zone
Msg: 1 del 27/08/2009 10:16
64 di 82
Londra la memoria dei più anziani è subito corsa al 1985. Altro derby londinese e altra guerriglia
urbana. Luton contro Millwall, sesto turno di Coppa d’Inghilterra. Palcoscenici irrinunciabili per
tifosi-teppisti, figli di un dio minore. Loro che sono abituati ad accontentarsi delle briciole di
successo concesse dai club più titolati, confinati ai margini del calcio che conta. La Champions
League più che un miraggio è un programma tv, Chelsea e Arsenal sono di un altro pianeta, non solo
calcistico ma addirittura sociale. Vuoi mettere le sofisticherie di Kings Road con i sobborghi
multietnici di Upton Park? Le zone chic di Londra con i quartieri popolari impregnati di odori
afro-asiatici?
A Kenilworth Road, quella notte di marzo, scoppiò il finimondo. Scontri così violenti da indurre i
dirigenti del Luton a chiudere il settore ospiti per le successive quattro stagioni. Ma soprattutto
ad introdurre – prima volta in Inghilterra – la schedatura dei suoi stessi tifosi. Un’iniziativa che
Margareth Thatcher, allora primo ministro, avrebbe voluto estendere su scala nazionale. Ma senza
successo. Restò circoscritta a Luton. Nel frattempo i supporters del Millwall continuarono a scalare
le classifiche delle tifoserie più violente e razziste. Solo grazie al rapporto Taylor, introdotto
20 anni fa, il governo britannico diede un giro di vite alla violenza negli stadi. Ristrutturazione
degli impianti, telecamere a circuito chiuso, steward pagati dalle società, biglietti sempre più
cari. Misure che hanno avuto il merito di bonificare gli stadi, debellando quasi completamente la
violenza.
Nelle serie minori sono sopravvissute sacche di delinquenza a margine del calcio. E le squadre
minori di Londra non sono state un’eccezione. Anche il Crystal Palace ha conservato la sua pessima
nomea. Martedì sera però la violenza è tornata d’attualità, trasmessa in diretta tv. E lo sguardo di
Gianfranco Zola a fine partita era più eloquente delle stesse fotografie che campeggiavano sui tutti
i quotidiani. Uno sguardo smarrito, sorpreso, amareggiato di chi non si diverte più. «Ho giocato sei
anni in Inghilterra e da 11 mesi alleno il West Ham. Sono un uomo di sport, e ne ho viste tante
nella mia carriera. Eppure non mi era mai capitato nulla di simile». La stampa britannica lo ha già
ribattezzato «il ritorno dell’hooliganismo», come se i tifosi del West Ham e del Millwall avessero
deciso di riposizionare le lancette del tempo. Quando il calcio inglese era sotto scacco del tifo
violento.
Un accoltellamento, diversi ferimenti, scontri con le forze dell’ordine, cori razzisti e tre
interruzioni per invasioni di campo. Questo il bilancio del derby londinese valido per il secondo
turno di Coppa di Lega. Una partita diventata subito il pretesto per uno scontro tribale che ha
colto impreparati sia gli steward di Boleyn Ground che le forze dell’ordine. E dire che già alla
vigilia l’incontro era stato segnalato come «ad alto rischio». Tra i due club regna una accesa
rivalità di lunga data che neppure la differenza di categoria, e di conseguenza le poche occasioni
di confronto, ha saputo sopire. Ora spetterà alla Federcalcio assumere le iniziative necessarie,
dopo l’annuncio dell’apertura di un’inchiesta. Mentre il West Ham, tramite un comunicato sul suo
sito internet, ha fatto sapere che vieterà per sempre l’ingresso allo stadio ai responsabili, si
prevede il pugno duro da parte della Fa. All’orizzonte una forte multa, o addirittura la squalifica
del campo. Improbabile, viceversa, la detrazione di punti in classifica, come suggerito da qualche
commentatore. Gli incidenti sono avvenuti in occasione di una partita di coppa e non di Premier
League. Ma la notte di violenza lascia dietro di sé un timore inquietante, che dopo anni di
sicurezza lo spettro dell’hooliganismo incomba sugli stadi inglesi.
urbana. Luton contro Millwall, sesto turno di Coppa d’Inghilterra. Palcoscenici irrinunciabili per
tifosi-teppisti, figli di un dio minore. Loro che sono abituati ad accontentarsi delle briciole di
successo concesse dai club più titolati, confinati ai margini del calcio che conta. La Champions
League più che un miraggio è un programma tv, Chelsea e Arsenal sono di un altro pianeta, non solo
calcistico ma addirittura sociale. Vuoi mettere le sofisticherie di Kings Road con i sobborghi
multietnici di Upton Park? Le zone chic di Londra con i quartieri popolari impregnati di odori
afro-asiatici?
A Kenilworth Road, quella notte di marzo, scoppiò il finimondo. Scontri così violenti da indurre i
dirigenti del Luton a chiudere il settore ospiti per le successive quattro stagioni. Ma soprattutto
ad introdurre – prima volta in Inghilterra – la schedatura dei suoi stessi tifosi. Un’iniziativa che
Margareth Thatcher, allora primo ministro, avrebbe voluto estendere su scala nazionale. Ma senza
successo. Restò circoscritta a Luton. Nel frattempo i supporters del Millwall continuarono a scalare
le classifiche delle tifoserie più violente e razziste. Solo grazie al rapporto Taylor, introdotto
20 anni fa, il governo britannico diede un giro di vite alla violenza negli stadi. Ristrutturazione
degli impianti, telecamere a circuito chiuso, steward pagati dalle società, biglietti sempre più
cari. Misure che hanno avuto il merito di bonificare gli stadi, debellando quasi completamente la
violenza.
Nelle serie minori sono sopravvissute sacche di delinquenza a margine del calcio. E le squadre
minori di Londra non sono state un’eccezione. Anche il Crystal Palace ha conservato la sua pessima
nomea. Martedì sera però la violenza è tornata d’attualità, trasmessa in diretta tv. E lo sguardo di
Gianfranco Zola a fine partita era più eloquente delle stesse fotografie che campeggiavano sui tutti
i quotidiani. Uno sguardo smarrito, sorpreso, amareggiato di chi non si diverte più. «Ho giocato sei
anni in Inghilterra e da 11 mesi alleno il West Ham. Sono un uomo di sport, e ne ho viste tante
nella mia carriera. Eppure non mi era mai capitato nulla di simile». La stampa britannica lo ha già
ribattezzato «il ritorno dell’hooliganismo», come se i tifosi del West Ham e del Millwall avessero
deciso di riposizionare le lancette del tempo. Quando il calcio inglese era sotto scacco del tifo
violento.
Un accoltellamento, diversi ferimenti, scontri con le forze dell’ordine, cori razzisti e tre
interruzioni per invasioni di campo. Questo il bilancio del derby londinese valido per il secondo
turno di Coppa di Lega. Una partita diventata subito il pretesto per uno scontro tribale che ha
colto impreparati sia gli steward di Boleyn Ground che le forze dell’ordine. E dire che già alla
vigilia l’incontro era stato segnalato come «ad alto rischio». Tra i due club regna una accesa
rivalità di lunga data che neppure la differenza di categoria, e di conseguenza le poche occasioni
di confronto, ha saputo sopire. Ora spetterà alla Federcalcio assumere le iniziative necessarie,
dopo l’annuncio dell’apertura di un’inchiesta. Mentre il West Ham, tramite un comunicato sul suo
sito internet, ha fatto sapere che vieterà per sempre l’ingresso allo stadio ai responsabili, si
prevede il pugno duro da parte della Fa. All’orizzonte una forte multa, o addirittura la squalifica
del campo. Improbabile, viceversa, la detrazione di punti in classifica, come suggerito da qualche
commentatore. Gli incidenti sono avvenuti in occasione di una partita di coppa e non di Premier
League. Ma la notte di violenza lascia dietro di sé un timore inquietante, che dopo anni di
sicurezza lo spettro dell’hooliganismo incomba sugli stadi inglesi.
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