Sul campo del Sestri Levante il Perugia trova la continuità, ma solo di brutte figure collezionate in questo scellerato girone di andata, non riuscendo ad andare al di là di un altro scialbo pareggio contro la penultima della classe. Non c'è molto altro da aggiungere rispetto alle gare precedentemente disputate, se non che il segnale venuto dal derby contro l'Arezzo, già affievolitosi con la brutta eliminazione dalla Coppa, si sia, purtroppo, dimostrato come un fuoco di paglia.
Lo scenario è quello desolante di un impianto di quartiere, tre o quattrocento persone in tutto, i palazzi a piombo sul terreno sintetico, il cielo azzurro e sullo sfondo le montagne liguri. Sembra il quadro di un'amichevole di precampionato, in realtà uno scontro diretto per salvarsi; da una parte la squadra di casa pronta a farsi valere contro una blasonata, dall'altra un gruppo che non ha ancora trovato una propria identità. Il Perugia ha il merito di trovare per primo il vantaggio, dopo neanche due giri di lancette. È Montevago, al settimo sigillo stagionale, a colpire il bersaglio come un vero rapace d'area, capitalizzando un pallone calciato alla rinfusa in avanti. Poi il batti e ribatti tipico più di una partita di calcio a sette piuttosto che ad undici (come, per altro, era prevedibile si realizzasse) da cui sono nate le altre due reti.
Dapprima il pareggio dei padroni di casa, nato da un erroraccio in copertura da parte della difesa biancorossa, poi il gol dell'illusione con Torrasi, che, in formato attaccante di rapina, sigla, di nuovo, il vantaggio. Sembra fatta, ma, evidentemente, parafrasando una nota marca di panettoni, non c'è gioia per il Perugia ed i suoi tifosi. Nella ripresa, infatti, dopo che i Grifoni commettono l'errore di schiacciare troppo il proprio baricentro, picchia e rimena, arriva l'episodio (ingenuo) da rigore commesso da Lisi. Infine la sagra dei gol mancati, un paio di occasioni per parte, clamoroso, in particolare, il palo del Sestri ed il gol mancato sul finale da Di Maggio, che non avrebbe risolto i problemi, ma fatto un gran comodo e, probabilmente, modificato i giudizi finali.
Mancano due gare al giro di boa e mai come quest:anno sono più i dubbi che le certezze. D'altronde, da un gruppo che non riesce a battere le ultime tre in classifica (Legnago, Sestri Levante e Milan Futuro), collezionando la miseria di due punti su nove a disposizione, c'è poco da attendersi se non una mezza rivoluzione nel difficile - parola di Mauro Meluso - mercato di Gennaio. Ci sarà un gran lavoro di "restaurazione" che attenderà il nuovo Direttore sportivo del Perugia e che, in ogni caso, non potrà prescindere da un copioso sfoltimento di una rosa tra le più ampie del campionato. Trentadue giocatori, di cui per quasi la metà se ne potrebbe, a questo punto, fare a meno, tra gente demotivata, altra non all'altezza, altra ancora lontana parente dei bei tempi che furono. C'è, inoltre, l'aspetto degli infortuni, una lista in infermeria sempre bella nutrita, con problemi muscolari e traumi da scontri di gioco. Una zavorra che, di fatto, ha compromesso il percorso di una squadra che, sulla carta, non è da primi tre o quattro posti, ma nemmeno da tredicesimo. C'è da registrare la fase difensiva, da incrementare il peso specifico ad un centrocampo orfano dei lottatori dello scorso anno (Kouan, Iannoni), mai, effettivamente, rimpiazzati. Ma, soprattutto, da ricreare un team che porti lustro ad una maglia gloriosa, per troppo tempo bistrattata, composta da uomini prima ancora che da calciatori. E, sotto questo aspetto, occorrerà affidarci alla competenza ed al carisma del nuovo arrivato Meluso, sperando possa ripetere il miracolo di qualche anno fa in una piazza, anch'essa depressa, come quella di Lecce. Che oggi sappiamo tutti in che serie giochi.


Per Perugia2005News Alessio Torzuoli

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